Sit-com e sprechi della politica la carica dei 590 canali italiani
ROMA – C’è la web tv che ha fatto una sit-com per promuovere il territorio. E quella che vuole favorire l’integrazione in un quartiere degradato. C’è chi si occupa di inchieste sugli sprechi della politica locale e chi fa un documentario sul G8 di Genova dieci anni dopo. Nel 2011 è cresciuto l’universo delle web tv italiane (canali accessibili con qualsiasi connessione internet, da un sito o un’applicazione cellulare): ora sono 590, ben distribuite da Nord a Sud. Tutte nate dal basso: dall’entusiasmo di semplici utenti e con i loro soldi. E i soldi ora cominciano pure a farli, grazie alle proprie piccole tv: è la novità che emerge dal rapporto Netizen 2011, pubblicato pochi giorni fa dall’osservatorio Altratv. tv. Ha fatto un censimento: le regioni con il maggior numero di web tv attive sono Lazio (102), Lombardia (85), Puglia (63) e Emilia-Romagna (53). Ovviamente sono canali visibili ovunque nel mondo, via Internet, ma si occupano perlopiù di fatti locali: un po’ come le “tv di strada” degli anni passati. «Quest’anno hanno cominciato a vedere il business: stimo in 10 milioni di euro il fatturato complessivo delle web tv italiane», dice Giampaolo Colletti, fondatore di Altratv.tv. Nel conto si considerano solo le iniziative dal basso; non quelle di gruppi editoriali o comunque di carattere industriale (come le web tv di Rai, La7 o Floptv della Fox).
Esempi di successo 2011: Pnbox. tv, che a Pordenone racconta fatti locali all’interno di un ristorante (500 mila euro di fatturato); Vallesina Tv, basata a Jesi (300 mila euro); Board tv, dedicata agli sport estremi (100 mila euro). È cresciuta molto Varese News, nato come giornale online nel 1997 e diventata web tv nel 2005: oggi conta dieci giornalisti professionisti, sette collaboratori, e fattura un milione di euro.
Come guadagna una web tv? «I modi sono tantissimi. Molti sfruttano la pubblicità : sul sito, in forma di banner, o all’interno dei video. Altri ricavano dalle commesse di aziende o pubbliche amministrazioni, che richiedono servizi televisivi a pagamento», continua Colletti. C’è chi riesce a fondere il business della web tv con quello di un’altra attività : il ristorante (Pnbox) o un’agenzia di comunicazione (Vallesina Tv). «Ultima novità , c’è chi comincia a sfruttare il boom degli smartphone e dei tablet, fornendo applicazioni per accedere ai video. Bari Tv ne offre alcuni gratuiti e altri a pagamento, dall’applicazione», aggiunge Colletti.
Aumenta anche il pubblico di queste tv in miniatura: nel 2011 il 30 per cento di loro ha avuto tra i 7 mila e i 10 mila visitatori mensili (era soltanto il 20 per cento nell’anno precedente). Cresce anche il numero di quelle con oltre 10 mila contatti (ora sono il 28 per cento). «Se trasmettessero a reti unificate, avrebbero un totale di 800 mila visitatori», stima Colletti. E qualche volta l’hanno fatto: alcuni programmi prodotti da Altratv sono stati trasmessi in contemporanea da tutte o quasi. È capitato con un documentario sul G8, un video celebrativo su Paolo Borsellino e uno sul terremoto dell’Aquila.
Ma il programma tipico delle web tv nostrane si occupa di temi più vicini al territorio e meno roboanti. Tra quelli di maggiore successo nel 2011: TamTam, di R-nord tv, che si occupa dei problemi di convivenza in un quartiere disagiato di Modena. La sitcom 84100, di Salernotravel. tv, per la promozione del territorio. E “La libertà di…”, programma di PolarTv di Bergamo, fatta da ragazzi massimo 30enni, con l’obiettivo di liberare da regole non scritte del comportamento che nessuno vieta di infrangere.
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