Il banchiere che difende i matrimoni gay “Anche la tolleranza è un buon affare”

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NEW YORK – Anche la Piovra ha un cuore. L’ultimo insospettabile sceso in campo nella nobile e giusta causa dei matrimoni omosessuali è proprio lui: Lloyd Blankfein, il supercapo di Goldman Sachs, l’uomo che per il suo tentacolare potere su Wall Street così è stato ribattezzato nel suo simpatico ambientino. «Mi chiamo Lloyd Blankfein, sono il Ceo di Goldman Sachs e sostengo l’eguaglianza dei matrimoni», dice il nuovo testimonal nello spot da 32 secondi. «Le aziende americane hanno capito da tempo che l’eguaglianza è un buon affare: e la cosa giusta da fare».
La sua dichiarazione è un piccolo shock: ed è l’effetto che Human Rights Campaign cercava. L’associazione negli anni ha raccolto tifosi sempre più sorprendenti: dall’attrice Mo’Nique a Barbara Bush figlia dell’ex presidente antigay George W. Ma Blankfein è il primo supermanager a giocarsi la faccia nella causa. Non che il suo impegno sia una sorpresa. Ebreo democratico e sostenitore di Barack Obama – oltre che amico ed ex collega del suo ministro del Tesoro Tim Geithner – il 57enne Lloyd, sposato, tre figli (e due già  sistemati familisticamente in ditta) era stato tra i lobbysti più attivi nella battaglia che lo scorso anno ha portato alle nozze gay nello stato di New York. Caso politicamente scottante: lo stesso Obama, che tanto ha fatto per i gay, non s’è dichiarato per non inimicarsi i moderati. 
Goldman Sachs per la verità  era già  all’avanguardia nella tutela degli omosessuali: non solo riconosce da dieci anni l’assistenza ai partner ma paga per le operazioni di cambiamento di sesso. Ma al gioco del “cui prodest” non si sottrare neppure il New York Times. La Piovra-Blankfein non ha mai goduto di ottima stampa. Tanto più dopo quella gaffe: quando di fronte all’America che ancora annaspava nella crisi aveva rivelato che la sua banca stava facendo «un lavoro da Dio». Poi sono venute le accuse. Goldman si sarebbe arricchita scommettendo anche su quei mutui subprime che portarono al tonfo dell’econonomia mondiale: impacchettando quella spazzatura per i propri clienti. Uno scandalo culminato nell’umiliante sfilata davanti alla commissione d’inchiesta del Congresso. L’ultimo smacco porta il volto di Mark Zuckerberg. Il giovane miliardario ha scelto la rivale Morgan Stanley per l’esordio in Borsa di Facebook: anche dopo il mezzo passo falso dell’anno scorso, con i guardiani della Sec che avevano accusato banca e compagnia di voler aggirare la legge collocando già  qualche stock sul mercato secondario.
Insomma una collezione di azioni non proprio buonissime. Che avrebbero spinto Blankfein a tentare ora l’operazione-pulizia d’immagine con la svolta gay. Buona fortuna – vero che una mano lava l’altra: ma quanto ci metterà  mai una Piovra?


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