Cappella Scrovegni, l’acqua insidia Giotto
Allora gli ultimi eredi, i nobili Gradenigo, non esitarono a far abbattere nel 1827 il grandioso palazzo di Enrico Scrovegni, attiguo alla Cappella, perché bisognoso di restauri; nel 1829, dopo avere scoperchiato il tetto della sacrestia della Cappella, volentieri avrebbero fatto sbriciolare il capolavoro di Giotto per ricavarne materiale edile. L’aggressione fu sventata perché dal 1817 iniziò una durissima trattativa – durata più di sessant’anni – da parte del Comune e dei cittadini, che coinvolse avvocati, ingegneri, uomini di cultura, consapevoli di dover conservare per i posteri un patrimonio, formalmente privato, di fatto appartenente alla collettività . Nel 1880 finalmente il Comune riuscì ad acquistare la Cappella. Allora i padovani, dimostrando un non comune senso civico, vinsero la grettezza di chi era attento solo agli immediati guadagni.
Oggi? Oggi è urgente mobilitarsi perché i pericoli non sono né inferiori né meno imminenti rispetto all’Ottocento. Questa la situazione: dal 2000 al 2002 il Comune mette in opera un serio studio sul sottosuolo della cappella Scrovegni. Vengono quindi installati «misuratori in continuo» dei livelli di falda, per stabilirne le variazioni e le reazioni alle condizioni atmosferiche.
Nel 2005 l’associazione culturale e ambientalista Amissi del Piovego lancia un documentato allarme per la progettata costruzione dell’Auditorium in una zona a 200 metri dalla Cappella. Nel settembre del 2009, il terreno intorno alla Cappella non è in grado di assorbire l’acqua piovana e si creano ristagni. Situazione ripetutasi altre due volte. È facile capire quale pericolo l’acqua rappresenti per gli affreschi.
Nel 2011 il Comune affida a tre ingegneri, professori dell’Università di Padova, un’indagine sulle possibili conseguenze che la costruzione dell’Auditorium potrebbe avere sull’area circostante, compresa la Cappella. Nella stessa zona esiste anche il progetto di un grattacielo di 104 metri ed è stato appena ultimato un parcheggio. La commissione consegna i risultati il 22 dicembre 2011.
La falda profonda – dichiarano – dell’area Auditorium è in collegamento con quella della Cappella. Esistono ampie e incontrollate variazioni nei livelli delle falde supeficiale e profonda (immissioni e sottrazioni di acqua). La commissione sottolinea l’importanza di un’analisi di lunga durata, mentre lo studio è stato fatto in tempi brevi.
Si apre un dibattito sull’interpretazione dello studio. Uno dei tre ingegneri, il professor D’Alpaos, dice che con le dovute precauzioni la realizzazione dell’Auditorium sarebbe possibile, purché non venissero modificate le quote locali della falda. Secondo D’Alpaos non si devono fare interventi intorno alla Cappella, ma bisogna prendere le dovute precauzioni nella realizzazione di ciascuno dei nuovi interventi (come l’Auditorium).
Gli Amissi invece ritengono che non si possa affidare ai progettisti delle nuove opere la salvaguardia dell’ambiente e propongono di realizzare, prima che inizi la costruzione dell’Auditorium, opere di massima salvaguardia della Cappella a seguito di un concorso internazionale.
Questo, ritengo, è un primo, ragionevole e indispensabile traguardo da raggiungere. Crediamo che sarebbe ingenuo e scorretto affidare ai tre ingegneri un verdetto sulla possibilità che l’Auditorium sia o non sia costruito rispetto agli eventuali danni alla Cappella nell’immediato o negli anni futuri. La loro valutazione potrà essere al massimo di tipo probabilistico. Spetta alla politica decidere quale livello di rischio accettare, sapendo che la falda profonda dell’area Auditorium è in collegamento con quella della Cappella.
Quotidianamente vediamo che la bellezza e la memoria delle nostre città è considerata merce, e merce assai deperibile. Quanto valgono gli affreschi di Giotto, rispetto ai vantaggi portati dalle nuove costruzioni? Non lasciamo soli i padovani a discuterne il prezzo, perché non c’è prezzo.
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