General Motors, obiettivo 10 miliardi

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NEW YORK – Di fronte ai 100 milioni di telespettatori del Super Bowl, la finalissima del campionato di football americano, Clint Eastwood ha fatto appello domenica notte all’orgoglio degli Stati Uniti, paragonando l’attuale fase a un «secondo tempo» nella rinascita del paese. E l’attore e regista ha ricordato l’esempio di Detroit. «Il nostro paese non può essere messo Ko con un solo colpo. Ci rialzeremo e faremo sentire al mondo il rombo dei nostri motori». Lo spot di Eastwood ha fatto vincere di nuovo alla Chrysler di Sergio Marchionne, che lo aveva commissionato, la gara della migliore pubblicità  del Super Bowl, così com’era successo l’anno scorso per lo show di Eminem. Ma anche le altre case automobilistiche hanno dominato gli spot della serata, pagando 3,5 milioni di dollari ogni 30 secondi, a conferma della robusta ripresa dell’industria del settore.
Tre anni fa Detroit sembrava spacciata. Senza il salvataggio di Barack Obama, Gm e Chrysler avrebbero probabilmente chiuso i battenti. Ma il vento è cambiato. E proprio ieri il Wall Street Journal ha rivelato che ora la Gm di Daniel Ackerson ha un obiettivo molto ambizioso e quasi difficile da immaginare: un utile di 10 miliardi di dollari all’anno.
Non è affatto un traguardo impossibile. Grazie alla rapida crescita in Cina e alle vendite nell’America del Nord, dove sono stati ridotti i costi, la Gm ha registrato utili di 4,7 miliardi nel 2010 e l’anno scorso di ben 8 miliardi, un record storico, come sarà  reso ufficiale la settimana prossima. Anche se permangono timori per le operazioni in Europa, la ristrutturazione varata assieme al salvataggio pubblico sta dando i risultati sperati. I dipendenti della Gm sono scesi da 263mila nel 2008 a 208mila. Il gruppo ha chiuso 15 fabbriche ed eliminato quattro marchi su otto. E di nuovo a Wall Street. E superando la Toyota, è tornato al primo posto nelle vendite mondiali.
Con un aumento dei profitti come quello prospettato da Ackerson, la Gm entrerebbe nel «club» dei 17 gruppi americani, a cominciare dalla Apple, che producono più di 10 miliardi all’anno di utili. E soprattutto consentirebbe al Tesoro americano, che ancora possiede il 26% della più grande delle tre big di Detroit, di vendere la sua partecipazione e di riprendersi i soldi del salvataggio senza forti perdite per il contribuente.
Il ritorno in grande stile di Detroit viene visto come un successo politico di Obama e un’arma che utilizzerà  nelle elezioni di novembre, anche perché il più probabile avversario, il repubblicano Mitt Romney, era contrario all’intervento pubblico nell’auto. Proprio questo risvolto politico ha fatto pensare che lo spot di Eastwood potesse essere una forma indiretta di appoggio politico per i democratici. Ma Marchionne ha smentito. «Il contenuto politico dello spot è zero», ha detto ieri l’ad di Fiat e Chrysler in una intervista alla WJR-AM, una radio di Detroit, in cui ha anche insistito sulle difficoltà  del 2012, nonostante l’ottimo avvio dell’anno, e sull’esigenza di rimanere «umili»


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