Italia, cresce l’occupazione degli stranieri

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Gli stranieri sono occupati prevalentemente in lavori di media e bassa qualifica. Oltre un terzo degli immigrati infatti è occupato in professioni non qualificate, nelle quali su cento occupati 33 sono stranieri. Il 28,3 percento degli stranieri ricopre funzioni da operaio specializzato e il 14,5 percento è un professionista qualificato. Dal 2007 al 2010 il numero di stranieri è cresciuto maggiormente proprio tra le professioni meno qualificate, con 356mila immigrati in più e 33mila italiani in meno. Fra cuochi, camerieri e baristi, saldatori, montatori, lattonieri e addetti non qualificati nell’industria per un italiano che esce entrano due stranieri. Altre professioni invece hanno ampliato le proprie fila sia per gli stranieri che per gli italiani, come addetti alle pulizie, artigiani meccanici e operai specializzati in agricoltura.

Il cosiddetto “effetto sostituzione” non deve stupire nel mercato del lavoro italiano attuale: “I giovani italiani sono sempre di meno e cresce il loro livello di istruzione”, ha detto Emilio Reyneri, docente di sociologia all’Università  Bicocca di Milano, “è normale che seguano una strategia di ricerca selettiva del posto di lavoro, con aspettative elevate, scontrandosi però con un mercato dove le poche opportunità  d’impiego create in questi anni riguardano posizioni scarsamente qualificate”.

I settori a più alta concentrazione di stranieri sono quelli dei servizi sociali e alla persona, delle costruzioni e della manifattura. Nei servizi alla persona, di cui rappresentano il 30 percento dei lavoratori, gli immigrati hanno trovato lavoro in occupazioni “che probabilmente senza di loro neppure esisterebbero. Soprattutto qui, il lavoro degli immigrati è una precondizione per l’occupazione degli italiani, anziché un’alternativa”, secondo Maurizio Ambrosini, sociologo delle migrazioni all’Università  Statale di Milano. In questo settore, inoltre, l’80 percento degli stranieri occupati sono donne. L’indagine sull’occupazione degli stranieri mette dunque in luce una tipicità  del modello italiano dell’integrazione, come ha fatto notare Laura Zanfrini, della Fondazione Ismu: “concentrazione nelle figure meno qualificate, elevata femminilizzazione, presidio dei mestieri e dei settori etnicizzati”.


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