Romney trionfa nella capitale del vizio Gingrich attacca e non si arrende

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NEW YORK – «Bordelli gratis per chi vota Ron Paul»: no, non è bastata questa offerta promozionale da parte di un celebre tenutario di case d’appuntamenti. Il texano Paul, che per la sua coerente ideologia ultraliberista è favorevole alla deregulation di tutto (sesso a pagamento, marijuana) si è dovuto accontentare di un onorevole terzo posto col 19%. Lo Stato del Nevada, pur ospitando le due capitali del vizio Las Vegas e Reno, ha incoronato il mormone Mitt Romney, esponente di una religione proibizionista, con il 48% dei voti al caucus del partito repubblicano. 
Ben 25 punti di scarto hanno separato Romney da Newt Gingrich, rivale nella corsa per la nomination. A questo punto Romney ha un solido vantaggio, con tre primarie su cinque, anche se il numero di delegati assegnati fin qui è modesto: ne ha 81 Romney, il triplo del suo inseguitore, ma per blindare la convention di agosto occorre superare la soglia dei 1.144. E tuttavia la dinamica all’interno della destra sta prendendo una piega decisamente favorevole all’ex governatore del Massachusetss. Gingrich sabato sera ha attribuito il successo di Romney «al voto dei mormoni», che sono il 10% della popolazione del Nevada ma un quarto dei partecipanti al caucus del partito. Inoltre il Nevada confina con lo Utah, dove la chiesa mormone ha la sua sede, e dove la stella di Romney cominciò a brillare quando lui salvò dalla bancarotta le Olimpiadi di Salt Lake City. 
Tuttavia la vera novità  di questo voto è un’altra: per la prima volta dall’avvio delle primarie, Romney è riuscito a conquistarsi una maggioranza di voti anche tra gli ultraconservatori del Tea Party e fra i cristiani evangelici, due constituency molto forti nella base repubblicana. Sembra che si stia lentamente sgretolando quel muro di diffidenza, per cui la destra pura e dura esitava a votare per un “moderato”. Di questo si è reso conto l’establishment repubblicano, che sta spostandosi decisamente in favore di Romney, con importanti conseguenze finanziarie. Il New York Times ieri ha rivelato un incontro segreto fra le grandi dinastie del capitalismo di estrema destra, organizzato dai potenti fratelli Charles e David Koch il weekend scorso a Palm Springs. Per queste lobby l’obiettivo è sconfiggere Barack Obama a novembre; se il candidato più credibile è Romney, i grandi finanziatori vogliono far convergere su di lui i fondi elettorali. All’incontro con i Koch è spuntato perfino Sheldon Adelson, il magnate dei casinò di Las Vegas che finora era stato il più ricco sostenitore di Gingrich. 
Ma per rintuzzare le offensive dei Gingrich, Paul e Santorum, l’ex governatore del Massachusettss ha dovuto spostarsi molto a destra su tutto: il rifiuto dell’aborto e dei matrimoni gay, l’opposizione a nuove tasse sui ricchi, una politica estera bellicosa. A novembre la sfida con Obama si giocherà  in buona parte sugli elettori indipendenti di centro. Se Romney dovesse “riconvertirsi” un’altra volta, confermerà  quell’immagine di opportunista senza convinzioni che lo perseguita da anni. Inoltre la sua arma più forte, cioè la credibilità  di imprenditore per rilanciare la crescita americana, viene smussata dai recenti segnali di una ripresa. A gennaio sono stati creati 243.000 posti di lavoro e la disoccupazione è scesa all’8,3% dai massimi del 10%. Romney ha minimizzato: «Ciò che conta, è che da 36 mesi consecutivi il tasso di disoccupazione rimane superiore all’8%. E se si sommano ai disoccupati anche i sottoccupati con lavori part-time, il tasso reale è al 15%». Per scrollarsi di dosso l’immagine del finanziere multi-milionario, Romney ha voluto mostrare solidarietà  verso i meno abbienti: «Ho visitato i quartieri delle vostre città  dove una quota enorme delle case sono oggetto di pignoramenti per insolvenze, ecco il risultato degli aiuti di Obama».


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