Carceri, consigli al nuovo capo

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Per anni abbiamo ascoltato urla bipartisan che invocavano galera per poveri, stranieri, lavavetri, malati vari, consumatori di droghe. Il diritto penale adesso giudica le persone – i nemici – piuttosto che i fatti. E così ci ritroviamo 67 mila detenuti, condizioni intollerabili di vita nelle prigioni, trattamenti inumani e degradanti, il ritorno delle squadrette che maramaldeggiano in alcuni istituti. Nei giorni prossimi sarà  varato un pacchetto di misure voluto dal governo, impropriamente definito svuota carceri. Non svuoterà  nulla. Al limite fermerà  la crescita di detenuti. Mancheranno ancora 22 mila posti letto. Un gap che potrebbe crescere se mai il governo dovesse dar seguito al piano di privatizzazione delle carceri. Negli Usa il numero di detenuti è raddoppiato da uno a due milioni dopo l’avvio in era reaganiana del correctional business. Qualche anno fa, quando dirigeva l’ufficio studi dell’amministrazione penitenziaria, il neo nominato capo del Dap Giovanni Tamburino affermò che era inaccettabile utilizzare nel sistema carcerario italiano il project financing . Sollevò obiezioni di principio. Oggi la nuova dirigenza penitenziaria, che per esperienza e professionalità  ben conosce i problemi, ha la copertura del Capo dello stato, della ministra Severino e anche dell’opinione pubblica per dare una sterzata a un sistema al collasso. Vanno subito spiegate le cause primarie del sovraffollamento: eccessivo uso della custodia cautelare, legge sulla recidiva, legge sull’immigrazione, legge sulle droghe che da sola produce oltre un terzo degli ingressi carcerari. A questo punto ben ci starebbe la rimozione del capo del dipartimento droghe che ha la responsabilità  di aver alimentato una cultura fondata sulla repressione degli stili di vita individuali. La legge Fini-Giovanardi va abrogata. Chi l’ha scritta e sponsorizzata non può essere fedele collaboratore di un governo che intende tornare alla legalità  penitenziaria. Dal nuovo capo Dap ci aspettiamo un segnale di rilancio delle misure alternative, uno stop ai piani di edilizia, un utilizzo dei milioni della Cassa delle ammende per fini autentici di recupero sociale, una nuova attenzione alle professioni sociali ed educative, un progetto di riorganizzazione del Dap che valorizzi le competenze professionali. Ci aspettiamo anche che smantelli i poteri locali che non rispettano le leggi. Il 30 gennaio ad Asti quattro agenti di polizia penitenziaria, accusati di violenze brutali nei confronti di due detenuti, sono stati assolti dal giudice. In due casi ciò è avvenuto per prescrizione e in altri due per mancanza di querela. Il giudice ha ridimensionato il reato di maltrattamenti consentendo la fine ingloriosa del processo. Eppure c’erano intercettazioni, testimonianze di coraggiosi operatori penitenziari, prove. Dal nuovo capo Dap ci aspettiamo un segnale forte di natura disciplinare ma anche una parola sulla necessaria introduzione del reato di tortura nel codice penale nonché sulla istituzione di una autorità  indipendente di controllo dei luoghi di detenzione. *Presidente di Antigone


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