E alla fine il veto di Mosca e Pechino

Loading

Mosca e Pechino ieri, al termine di un braccio di ferro andato avanti per ore al Consiglio di sicurezza dell’Onu, hanno bloccato con il veto la risoluzione di condanna della Siria presentata dal Marocco. In serata non era ancora chiaro il perchè del ricorso al veto fatto da Russia e Cina. La bozza di risoluzione resa nota dai media, frutto di un intenso lavoro di mediazione, sembrava abbastanza in linea con le richieste russe poichè puntava a condannare il regime siriano ma escludeva esplicitamente un intervento armato. Mosca era stata categorica nell’esortare i partner nel Consiglio di sicurezza, in particolare Washington, ad evitare uno «scandalo», ossia a presentare una risoluzione senza un accordo, costringendo la Russia a opporre il veto. E’ possibile che, alla fine, gli Usa abbiano provato a forzare la mano – inserendo nel testo una richiesta di dimissioni immediate del presidente siriano Bashar Assad – allo scopo proprio di isolare la Russia, puntando probabilmente sull’astensione di Pechino. La Cina però si è schierata contro la risoluzione. Gli Stati uniti si sono detti «disgustati» dal veto russo e cinese. Una condanna è giunta anche da Francia e Marocco. E mentre al Palazzo di vetro andava avanti la battaglia diplomatica, la Siria viveva ore molte delicate dopo il diffondersi delle notizie riguardanti un massacro di centinaia di civili ad Homs attribuito dall’opposizione siriana al regime di Bashar Assad. Notizie che hanno fatto scendere in campo lo stesso presidente americano Barack Obama che ha definito «inevitabile» il collasso del regime di Assad. «Una Siria senza Assad – ha affermato Obama – potrebbe essere un Paese in cui tutti i cittadini siano soggetti alla legge e dove le minoranze siano in grado di esercitare i loro legittimi diritti e mantenere le proprie identità  e tradizioni, quali cittadini a pieno diritto di una Repubblica unita». Parole che intendevano anche mettere sotto pressione la Russia, alleata di Damasco, che si oppone ad una «soluzione libica» per la Siria, ossia ad una nuova «guerra umanitaria» in Medio oriente guidata dall’Occidente e sostenuta dalla petro-monarchie del Golfo. Un intervento militare internazionale secondo Mosca, non farebbe altro che gettare la Siria nel baratro delle guerra civile. Il ministro degli esteri russo Lavrov, accompagnato dal capo dell’intelligence, è atteso tra un paio di giorni a Damasco. Che nel distretto Khalidiya di Homs sia avvenuto, nella notte tra venerdì e sabato un bagno di sangue senza precedenti non sembrano esserci dubbi, malgrado rimanga arduo verificare l’attendibilità  delle notizie contrastanti diffuse da opposizione e governo siriano. Le immagini giunte dalla città  e messe in rete sono eloquenti. Sulle vittime invece non è stato possibile, almeno fino a ieri sera, dare un bilancio certo. L’Osservatorio siriano dei diritti dell’uomo, con sede a Londra e vicino al Consiglio nazionale siriano (Csn), la piattaforma filo-occidentale dell’opposizione, ha riferito che almeno 217 persone sarebbero state uccise. Nel corso della giornata il numero delle vittime è salito a 400 (fonte al Arabiya ). L’agenzia Reuters invece ieri sera fissava il suo bilancio a 237, con centinaia di feriti. Il bombardamento della città  sarebbe cominciato intorno alle 20 di venerdì. Non è noto però per quale ragione le forze armate governative avrebbero aperto il fuoco contro Homs in modo così massiccio e devastante. Dall’altro lato appare inverosimile la versione data da Damasco di «terroristi» che hanno lanciato ordigni in modo indiscriminato. Forti reazioni all’accaduto si sono registrate al Cairo, Atene, Londra, Berlino, Kuwait city dove si sono avvenuti assalti alle ambasciate siriane. La Tunisia ha rotto le relazioni diplomatiche con Damasco.


Related Articles

L’onere è di tutti, il messaggio della cancelliera a Bruxelles

Loading

La decisione fa parte delle grandi manovre in vista della riunione dei ministri di oggi Bisognerebbe mettere sotto tutela anche le competenze dei ministri dell’Interno

Nigeria, Boko Haram torna a colpire Rapiti in 90 tra ragazze e bambini

Loading

Uno scampato: «Hanno lasciato soltanto i vecchi e i malati»

Buio sul Gigante: Se l’India va in panne

Loading

Il più grande blackout dell’India è il simbolo di uno sviluppo interrotto. Burocrazia e infrastrutture carenti ostacolano il miracolo del colosso asiatico

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment