Il Pdl ora riforma la giustizia

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Quello che a Berlusconi non era riuscito Quarantatre franchi tiratori nel Terzo polo. I democratici nella trappola della ex maggioranzaÈ scomodo, ma non certo monotono il posto fisso in maggioranza del Pd: ieri i deputati democratici si sono potuti godere dalla prima fila la ricomposizione della maggioranza Pdl-Lega col sovrappiù del Terzo Polo. Tutti assieme ad approvare una delle norme anti magistrati che Berlusconi, quando stava al governo, aveva provato invano a portare a casa. C’è riuscito adesso che a palazzo Chigi è andato Monti, grazie al voto segreto su un articolo che il leghista Pini ha aggiunto alla legge comunitaria, la stessa manovra azzardata che l’anno scorso gli fu bloccata in extremis. Nel segreto dell’urna non si può nemmeno escludere che due o tre parlamentari Pd abbiano votato con il Pdl, in ogni caso non sarebbero stati decisivi. Sulla carta il fronte anti responsabilità  civile dei magistrati contava, considerando gli assenti (24 nel Pd tra i quali D’Alema e Fioroni, 4 nell’Idv tra i quali Orlando), 253 voti sicuri, che alla fine invece sono stati 211. Dunque ci sono stati 42 franchi tiratori, ragionevolmente tutti tra i 57 votanti del Terzo Polo. Per il Pd un colpo durissimo anche perché il governo non si è impegnato formalmente a correggere il testo in senato.
Lo sconfitto è soprattutto il capogruppo del Pd Dario Franceschini che nella mattinata di ieri – dopo che Fini aveva accettato di mettere ai voti la proposta leghista – si era accontentato di un impegno del Pdl a votare contro. Poco credibile, visti i precedenti. Comunque sia il relatore (del Pdl) della legge comunitaria, sia il governo si erano detti contrari all’articolo aggiuntivo Pini. Nel Pdl poi c’erano moltissimi assenti e di rilievo (68 tra i quali, oltre al solito Berlusconi, Alfano, Ghedini, Lupi e Verdini) e anche nella Lega (15 assenti su 59, mancavano Maroni, Reguzzoni, Lussana e Bossi). Finiani e centristi oltretutto esprimevano a gran voce la loro contrarietà , dunque i democratici restavano abbastanza tranquilli. Nemmeno troppo preoccupati dei sei voti canonicamente divergenti dei radicali: si sa che il partito di Pannella insiste sulla responsabilità  civile dei magistrati dai tempi del referendum «Tortora» del 1987 (recepito, ma secondo i radicali tradito, dalla legge Vassalli attualmente in vigore). E invece è arrivata la sorpresa: con 264 sì i leghisti hanno vinto la loro battaglia, potendo contare in teoria solo su 58 parlamentari favorevoli alla luce del sole. Ma un attimo dopo che il presidente Fini ha proclamato il risultato, formalizzando la prima sconfitta parlamentare importante del governo, è esplosa in un applauso la gioia del Pdl. Partito che, sempre in teoria, avrebbe dovuto votare secondo le indicazioni del governo.
Bersani ha immediatamente minacciato «conseguenze politiche» per l’esito del voto, la stessa minaccia agitata dal Pdl quando si trattò di votare per l’arresto di Cosentino. Con ben altra efficacia, allora. Franceschini ha chiesto un impegno diretto di Monti per rimediare in senato, avvertendo che altrimenti il partito non avrebbe potuto votare la legge comunitaria così come trasformata dal maquillage leghista. Niente da fare. Per il governo ha parlato la ministra della giustizia Severino che ha detto che sarebbe stato preferibile un intervento organico in materia di responsabilità  civile. «Confido che in seconda lettura si possa migliorarlo», ha aggiunto: non un impegno preciso. Il governo, ha assicurato il sottosegretario Catricalà , «non avrà  problemi da questo voto». E in effetti il ministro Moavero in aula non ha detto nessuna delle parole che il Pd si aspettava, al contrario ha concluso con un appello a votare velocemente la legge comunitaria. Così solo Italia dei valori si è sganciata e il Pd ha votato ugualmente a favore. «Con molta difficoltà », ha detto Franceschini, insistendo sul valore politico dell’incidente: «Un governo non si può basare sul sostegno leale a prescindere di alcuni gruppi parlamentari e sulle mani libere di altri. Non può funzionare così!».
Parole che descrivono la disperazione del gruppo democratico, incalzato fuori dal parlamento dalla protesta dei magistrati. Durissima la nota dell’Anm che ha parlato di norma incostituzionale e di «ritorsione contro la magistratura», recuperando in un attimo i toni che era costretta a usare quando al governo c’era Berlusconi. Ne è nato un botta e risposta con i parlamentari del Pdl dal sapore antico, ma questa volta il partito democratico è stato preso in mezzo. Martedì, sotto la spinta di Magistratura democratica, le toghe discuteranno di un possibile sciopero. E intanto il segretario del Pdl Alfano (peraltro ieri assente) si diverte a gettare benzina sul fuoco: «Chi sbaglia paga, anche i magistrati», scrive su twitter, immaginando di riscattare le tante sconfitte patite da ministro della giustizia. La guerriglia, scopre il Pdl, paga più della guerra.


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