“No al carcere obbligatorio per gli stupri di gruppo” è bufera sulla Cassazione
ROMA – Stupro di gruppo, «il carcere non è più obbligatorio». Da oggi il giudice può concedere i domiciliari, applicare o mantenere misure alternative alla custodia in cella a coloro sono accusati di violenza sessuale. La Cassazione, con una interpretazione estensiva di una sentenza della Consulta del 2010, ha inviato al massimario, dunque a far giurisprudenza, una pronuncia che fa discutere. La prima di questo tenore dopo l’ondata di sdegno e d’emozione che nel 2009 accompagnò lo stupro della Caffarella a Roma e la conseguente modifica di legge. Adesso, afferma la Suprema Corte, sul carcere si dovrà valutare caso per caso.
Fu la violenza su una ragazzina di soli 13 anni a provocare il decreto, poi convertito, che rese obbligatorie le sbarre agli aguzzini. Solitari o in branco. Decine e decine di giovani e di uomini per quella legge furono riportati in cella. Ogni ricorso davanti al giudice ordinario da allora è stato bollato come «inammissibile». Tutti dentro, senza scuse. Ma non senza polemiche.
Nel 2010 un giovane accusato di stupro si è rivolto alla Consulta, contestando proprio la norma sul carcere obbligatorio. L’Alta Corte ha ritenuto il punto in contrasto con gli articoli 3 (uguaglianza davanti alla legge), 13 (libertà personale) e 27 (funzione della pena) della Costituzione, dicendo sì alle alternative sulla custodia in cella. Ma solo «nell’ipotesi in cui siano acquisiti elementi specifici, in relazione al caso concreto, dai quali risulti che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure».
Invocando questa sentenza, l’avvocato Lucio Marziale solo pochi mesi fa non è riuscito a convincere il Tribunale del Riesame di Roma a non mettere “dentro” due giovani accusati di violenza sessuale su una sedicenne. Lo stupro è avvenuto l’estate scorsa nel Frusinate, nelle campagne di Sora. Così si è arrivati in Cassazione.
La terza sezione penale ha stabilito che «i principi affermati dalla Corte Costituzionale nel 2010 appaiono potenzialmente riferibili» alla vicenda in questione. E unica interpretazione compatibile con i principi della Consulta «è quella che estende la possibilità per il giudice di applicare misure diverse dalla custodia carceraria» per la violenza sessuale di gruppo. La decisione del tribunale di Roma è stata annullata con rinvio, e ora il Riesame dovrà pronunciarsi sulla “libertà ” dei due giovani. «La Cassazione – spiega l’avvocato Marziale – ha restituito al giudice la possibilità di valutare caso per caso». Dunque il carcere non sarà più obbligatorio per i reati sessuali, dallo stupro alla pacca sul sedere data con insistenza che, come è noto, rientra per giurisprudenza di Cassazione tra quelli puniti come violenza.
«Niente carcere per gli stupratori?». In Parlamento lo sdegno è bipartisan. Il pensiero va alla famosa sentenza sui jeans, indumento «istigatore». «Impossibile da condividere», afferma l’ex ministro per le Pari Opportunità , Mara Carfagna. Sentenza «lacerante», dice Barbara Pollastrini del Pd. «Un passo indietro», ammonisce “Telefono Rosa”. «Aumenteranno i silenzi delle vittime», sottolinea la democratica Donata Lenzi. Ombretta Colli, vicepresidente del Pdl a Palazzo Madama, invita le parlamentari di qualunque schieramento a «correggere», con un «tempestivo» intervento delle Camere, la Corte di Cassazione.
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