UN ROMANZO-APPELLO SUI CUSTODI DEI LIBRI

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La biblioteca, non c’è posto in cui ci si senta più miserabili. Possiamo anche umiliarci davanti ai libri, sforzarci di provare a capire, posso anche leggere e rileggere, non c’è speranza. Lei lo sa bene. I libri non sono in grado di fare niente per noi. Loro hanno sempre ragione e noi torto. Del resto, se non si cerca di dominarli ci uccideranno, queste carogne. Il loro scopo è l’espulsione totale dei lettori dalla biblioteca. Me li vedo arrivare. Si ritrovano, si ammucchiano, si rinchiudono, si barricano nei negozi, poi, una volta ben armati, tornano alla carica. Il lettore indietreggia, inciampa, resiste, ma via via viene spinto, perché disturba, l’essere umano, lo sente bene. A quel punto, stanco, fugge. Ed è la fine. «La morte coglie i vivi», come recitava un vecchio adagio. Le dirò come stanno le cose. La biblioteca è l’arena in cui ogni giorno si rinnova la lotta omerica fra i libri e i lettori. In questa lotta, il bibliotecario è l’arbitro. 
La barricata ha solo due parti. Io ho scelto la mia, compagno. Io sostengo il lettore isolato, depresso, miserevole di fronte al prestigio opprimente dell’Armata dei Libri. Lei non se n’è accorto perché sono discreta, ma io sono con lei e tutti gli altri, lo sono sempre stata. Dalla parte dei pedoni, dei giocatori di bocce e degli habitué. Le vedo, queste bibliotecarie di polizia, come parlano ai lettori. Li massacrano con i loro «Bisogna leggere!» Sostengono che tutti debbano accedere alla Letteratura, ma erigono un blocco, un monumento opprimente – i Classici – al quale bisogna concedere sacrifici, carne fresca, sangue. Con loro, non siamo mai in regola, mai. Vere e proprie guardie della buona coscienza culturale. Quando uno entra, incerto, ha paura di essere interpellato: «Ehi, lei! Sà­, lei. I suoi classici, prego. Mi faccia vedere. Mmh, siamo in ritardo, molto in ritardo. Grosse lacune. Da quanto tempo è che non apre Balzac? Mmh. E che cosa fa nella vita? Lavora molto? Allora non ha scuse. Io, se fossi in lei, mi vergognerei. Che libro è quello che ha nella borsa? Mi faccia vedere, mi faccia vedere… Ah sà­, interessante. Divertente. Facile. Mediatico. Scritto male. Uno zero! E crede di restare a lungo in questo stato culturale? Dobbiamo riprenderla per mano, lei. Le prescrivo una pleiade di classici del diciottesimo secolo per dieci mesi. Eh, ci vuole quel che ci vuole. Poi torni da me. No, lasci qui questo libro, se non le dispiace. E che non capiti piàº. Forza, circolare…» Che brutalità . Io non mi permetterei mai di fare una cosa del genere.
Attaccare i lettori cosà­ maleducatamente. Neanche con Martin, no. E in ogni modo, le dirò, non funziona, non funziona piàº. Al contrario, serve garbo, garbo e ancora garbo. Li vedo arrivare, io, i ragazzi degli istituti professionali, gli apprendisti, i figli del sostegno scolastico. Le prime volte sbarcano in gruppo. Non esiste che varchino la soglia della biblioteca in solitaria. Arrivano con i compagni, fanno baccano. Come se volessero rincarare la dose per dimostrare di non avere paura, mentre sono terrorizzati, poverini. Quando entrano nell’arena tremano, sanno che i libri non stanno dalla loro stessa parte. Quando si è sempre stati somari, migliaia di libri riuniti tutti nello stesso posto stordiscono, umiliano, castrano, ma insomma, questo è un dettaglio. Ecco, il mio gruppetto si sistema. È allora che bisogna andargli incontro sorridendo, accogliendoli. Hanno un compito per la scuola. Io gli porto i libri. Loro discutono a voce bassa, si agitano. Gli habitué li fulminano con lo sguardo, ma non va cosà­ male. Perciò alcuni ritornano. Cominciano a raccapezzarsi. Leggono cretinate, ma leggono. Ci possono volere mesi, per questo esercizio di garbo. Sappiamo di averli conquistati quando tornano da soli. Perché si sentono finalmente a casa, finalmente accettati, rassicurati, legittimati. Faccio un mestiere coraggioso, utile, interessante, che richiede un sacco di qualità . Quando riportano i libri: «Piace molto anche a me, a lei è piaciuto?» Indicargliene un altro. Farli uscire piano dai misteri dei best seller. Prenderli per l’aggettivo. Be’, non funziona sempre. Non sono poi cosà­ brava. Ma, a mia discolpa, direi che dipende piຠche altro da quello che è successo prima. All’inizio assoluto. Si gioca tutto nei primi giorni, la prima volta che si entra, che si varca la soglia della biblioteca. Comincia tutto in quel momento. Il principio della civiltà . La nascita. La scena originaria. Prima di quel giorno, per essere franchi, i lettori non sono che vergini. Sà­, vergini. E a me piace molto la perdita della verginità  in biblioteca… Ah certo, se la prima volta è un fiasco, dopo sarà  dura. Molto dura. Se il bibliotecario ti prende come un bruto, senza tenerezze né attenzioni, è la fine. Mai più. È una sentenza di divorzio dalla cultura. L’astinenza a vita. 
Traduzione di Giusi Barbiani 
Copyright Einaudi 2012


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