Benetton, addio alla Borsa dopo 25 anni
MILANO — Insieme ai risultati non brillanti, Benetton annuncia che lascerà Piazza Affari, dove il gruppo veneto è presente da oltre un quarto di secolo. Certo che così in basso le azioni di Benetton non erano mai arrivate, tanto che lunedì la società valeva sul mercato meno di quanto negli anni abbia pagato i numerosi negozi, gli uffici e le fabbriche che possiede in Italia e in giro per il mondo (iscritti a bilancio a 645 milioni). Complice una crisi di proporzioni mai viste, Benetton ha chiuso il quarto trimestre dell’anno che coincide con le feste con ricavi stabili a 550 milioni generando però solo 10 milioni di utili, e così il 2011 sta per terminare con 2 miliardi di fatturato e una settantina di profitti (dai 102 milioni del 2010). Proprio le attese di un 2011 in forte calo e di un 2012 ancora più in salita, venerdì avevano portato Benetton a scivolare venerdì a una capitalizzazione di circa 585 milioni (salita lunedì a 641 milioni e ieri a un
teorico di 740 milioni). Poi ieri sul mercato sono iniziate a circolare voci di operazioni straordinarie sul capitale, che hanno fatto volare il titolo a dispetto delle smentite e dei risultati deludenti annunciai a metà seduta. Le indiscrezioni, confermate solo quando orami l’azione era stata sospesa, hanno fatto volare le Benetton in rialzo del 9,2% a 4 euro (e +25% in due sedute) con forti volumi. Così Consob ha subito acceso un faro, indagando sull’anomalo andamento del titolo, che sarebbe per lo più legato agli acquisti di una nota banca d’affari americana, che potrebbe aver avuto delle informazioni privilegiate. Gli advisor della famiglia Benetton nell’operazione dovrebbero invece essere tre istituti tricolori, vale a dire Mediobanca, Intesa e Unicredit, che insieme a Morgan Stanley, dovrebbero finanziare l’offerta da 200-250 milioni, che Edizione Holding (la finanziaria che ha il 67% del gruppo) si appresta a lanciare.
Oggi toccherà quindi ad Alessandro Benetton, vice presidente esecutivo della società e vero promotore di quest’offerta, spiegare come mai l’azienda ha deciso di salutare il mercato dopo ben 26 anni. La sensazione di chi sta vicino al manager è quella che lontano dai riflettori del mercato, sarà più facile per Ales-
sandro provare a rilanciare l’azienda di famiglia. Detto questo l’obiezione degli investitori è che la Benetton il treno l’ha perso vent’anni fa. Secondo gli esperti è da tempo che il gruppo è mal gestito, troppo spesso l’azienda ha cambiato manager senza mai prendere una direzione (5 ad in 10 anni). Infine dal 2010 la società ha adottato una governance bizantina, che prevede due amministratori delegati che riportano direttamente ad Alessandro, che ha deleghe esecutive ma a sua volta è formalmente il
vice del padre Luciano. E così un modello di business poco innovativo, una gestione padronale del gruppo e un flottante sempre più ridotto, sono tutti fattori che nel tempo hanno portato gli investitori ad allontanarsi dalla Benetton, il cui unico pregio è stato quello di garantire ricchi dividendi. Infine da mesi circolava la voce che il 2012 sarebbe stato l’anno del rilancio, gli investitori aspettavano il passaggio di testimone tra la vecchia e la nuova generazione, con Alessandro a capo dell’azienda che era pronta a
rinnovarsi, tanto da aver nominato nuovi vertici nella creatività e nella comunicazione. Ma il mercato non assisterà alla metamorfosi del gruppo, dato che per allora verosimilmente il titolo sarà ritirato dal listino. La Borsa,
che tanto ha favorito l’ascesa della famiglia Benetton sulla scena del capitalismo italiano, è ora percepita come un ostacolo, invece che come uno trampolino di lancio. Per Piazza Affari questo è un altro addio duro da digerire, anche perché se passa il messaggio che le aziende buone se ne vanno quando il titolo è sui minimi, vale anche un po’ il contrario, ovvero che tendono a quotarsi solo quando credono di poter raggiungere nuovi massimi grazie al mercato dei capitali
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