New York Centinaia di arresti

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Dopo un mese di silenzio, intramezzato solo da marce occasionali, i manifestanti della città  californiana alle porte di San Francisco sono scesi nuovamente in piazza per protestare contro l’avidità  del famoso «1%», l’America delle grandi aziende e del mondo della finanza. Nel corso della giornata di sabato sono state arrestate quasi quattrocento persone al termine di una manifestazione conclusasi con l’irruzione all’interno del municipio cittadino, dove è stata bruciata una bandiera americana.
Tutto è cominciato alle 3 di sabato pomeriggio, quando circa 250 manofestanti hanno iniziato a marciare verso l’Henry J. Kaiser Convention Center, un centro conferenze in disuso, per occuparlo e aprire un nuovo accampamento. A novembre il sindaco Jean Quan, duramente contestato dagli indignati che ne chiedono da mesi le dimissioni, aveva infatti ordinato lo sgombero del campo di Frank Ogawa Plaza, proprio di fronte al municipio. Quando la polizia è intervenuta per impedire l’occupazione del centro conferenze si sono registrati i primi scontri. La marcia pacifica si è trasformata in una battaglia, con i manifestanti che hanno lanciato pietre e bottiglie verso la polizia. Gli agenti hanno risposto con i lacrimogeni. Gli scontri hanno attirato nuovi manifestanti, che si sono uniti al primo gruppo raggiungendo circa le 2.000 persone.
A quel punto gli indignati hanno cambiato obiettivo, dirigendosi prima verso l’Oakland Museum of California, poi circondando la sede di un Ymca, organizzazione cristiana ecumenica nel centro della città . Qui si sono avuti i primi feriti: tre agenti, di cui uno colpito da una bicicletta e gli altri con ferite da taglio e bruciature, e almeno un manifestante. Gli scontri sono continuati e qua si sono avuti la maggior parte degli arresti, qualche centinaio di persone. A quel punto i manifestanti hanno puntato verso il municipio. All’interno del City Hall alcune centinaia di persone hanno bruciato una bandiera americana, disegnato graffiti sui muri con bombolette spray e distrutto alcune strutture. Decine di poliziotti hanno circondato il municipio, mentre alcuni agenti si sono introdotti nell’edificio per affrontare i manifestanti, che nel frattempo avevano tagliato fili elettrici e imbrattato i muri. Fra il fumo dei gas lacrimogeni sono arrivati ulteriori arresti. Gli scontri sono continuati per tutta la serata.
Nella giornata di domenica la polizia cittadina è rimasta in stato d’allerta, pronta a fronteggiare nuove dimostrazioni. Il municipio, costruito dopo il terremoto di San Francisco nel 1906, è stato riaperto solo ieri, con ancora evidenti segni della battaglia. I manifestanti nel frattempo hanno accusato le forze dell’ordine di aver usato tattiche illegali, minacciando azioni legali. Secondo gli indignati la polizia non avrebbe dato ai manifestanti il tempo di disperdersi, mentre le forze dell’ordine replicano che si trattava di una manifestazione non autorizzata.
Dopo aver contato i danni, il sindaco democratico Quan si è detto «stufo del ricatto di Occupy», che sarebbe costato alla città  circa 5 milioni di dollari negli ultimi mesi, e ha accusato degli scontri di sabato una «frangia radicale e violenta» che starebbe prendendo il sopravvento. «Siamo stufi di questa fazione che sta usando Oakland come il proprio parco giochi».


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Chissà  se lo sgombero lampo ai tempi cupi del governo tecnico è un format esportabile anche in altre situazioni altrettanto delicate. Viene da chiederselo davanti alla stupefacente rapidità  del repulisti della Torre Galfa ordinato dal ministro degli Interni Anna Maria Cancellieri, senza nemmeno dare ascolto alle ragionevoli richieste del sindaco Giuliano Pisapia.

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