Dopo il Forum internazionale di Davos l’Europa si Scopre sempre più Sola

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I cinque giorni del World Economic forum di Davos si sono trasformati in un corso intensivo per europei ripetenti. Passi per le critiche del primo ministro britannico, David Cameron, che risulta ancora iscritto al club dell’Ue a 27. Ma che dire di Donald Tsang, governatore della regione speciale di Hong Kong, che ha addirittura strappato applausi intimando all’Europa «di pensare alla sua gente e di fare presto»? Ali Babacan, vice primo ministro turco per l’Economia, si è prodotto in un sermoncino di 10 minuti spiegando come e perché i Paesi dell’Unione monetaria hanno sbagliato tutto e che ora farebbero bene a ispirarsi al nuovo corso della Turchia. Persino il ministro per l’economia del Giappone, Motohisa Furukawa, ha sollecitato in modo energico (e poco nipponico) il Vecchio continente «a fare ulteriori sforzi». E la lista potrebbe continuare mettendoci dentro Robert Zoellick, presidente della Banca mondiale o manager come l’americano Vikram Pandit, amministratore delegato della banca Citigroup.
Certo, la crisi dell’euro, legittimamente, genera allarme ovunque. Ma l’impressione è che non si tratti solo di una questione economica. Conversando con imprenditori, banchieri e osservatori indiani, cinesi, brasiliani, indonesiani, nigeriani, sudafricani si ricava la sensazione che il richiamo, il fascino, della vecchia Europa siano come evaporati. Lasciamo perdere la solidarietà , che nelle relazioni internazionali è merce rara, ma non si vedono tracce neanche di quell’empatia politica, di quella familiarità  che sarebbe naturale aspettarsi viste le centinaia di accordi economici, culturali, scientifici conclusi da Bruxelles praticamente con tutti i principali Paesi del mondo. 
Secondo le previsioni il sostegno del Fondo monetario internazionale alla fine arriverà . Ma ora l’Europa deve fare i conti con questa solitudine che ci disorienta, abituati come siamo a considerarci da sempre nel tuorlo del pianeta.


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