A Bologna dodici stazioni visive per virare verso il fantastico

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Nell’insieme delle arti, quella plastica o figurativa ha uno statuto speciale consonante con la lex suprema del potere oggi, cioè è privatizzabile. Nessuno si compra una coreografia, i manoscritti di poesie, musiche, drammi pensando di godere in esclusiva del loro messaggio. Quel che è privatizzabile ha un prezzo di mercato, quello che non lo è, semmai, ha costi: edizione, allestimento, realizzazione. Per questo si può ragionare sull’arte secondo due ottiche, quella un po’ oscena dell’arteconomy, come fa il Sole/24 ore, o quella disinteressata al denaro, come fanno la filosofia e l’estetica. 
Per questo, pur se s’indebolisce di un venti per cento la presenza degli espositori d’arte, in una fiera diventata importante come quella di Bologna, è la stessa kermesse a promuovere iniziative che portano l’arte in città , tra le persone, per una fruizione che è spettacolare, fantasticante e immaginaria.
Il percorso di quest’anno s’intitola A bordo del cuore d’oro: con esso si entra dentro la città , nel vacuo rumore della società , ipotizzando che possa esserci nell’arte una nuova strada per andare avanti, ciò che spera o di cui è convinta la curatrice Julia Draganovic. In città  si possono incontrare anche i transfughi da Artefiera, in spazi in centro, più belli, più ampi e suggestivi, meno costosi: così ha fatto, per esempio la galleria Grossetti, di Milano. Si punta quindi più sul valore culturale che non su quello economico dell’arte, anche se il citato Grossetti non ha operato la sua scelta per tale motivo. Predicano tutti il libero mercato? Bene; in questo caso almeno, il minor prezzo per un posto migliore significa anche rifiutarsi di partecipare a pagare un manager, cioè una figura che fa crescere enormemente i prezzi, mentre conduce al fallimento.
Il percorso di Art First, cioè della Fiera extra moenia, indica 12 stazioni, un percorso a piedi per le prime dieci (le ultime due sono in prossimità  dello stadio e all’aeroporto): una figura nuda nel palazzo re Enzo, installazioni all’Archeologico e all’Archiginnasio, Paolo Parisi e Michele Ciribifera con le loro proposte lì a due passi, in galleria Cavour e in piazza Calderini, Edgardo Rudnitzky al museo della musica in strada Maggiore e Jani Ruscica all’università  in via Zamboni, al 33; dietro l’angolo, all’Accademia, Marco Tirelli e, infine, Flavio Favelli al Medievale.
A latere, il Mambo ha una mostra, la «prima retrospettiva completa italiana» di Marcel Broodthaers, belga, che è un artista iperminimale che quasi non offre nulla da vedere, ma stimoli al pensiero. Questa sera tutto ciò dovrebbe essere visibile fino a mezzanotte, insieme alle mostre in corso nelle gallerie cittadine, conanche Calzolari e altri «poveri» alla De’ Foscherari, James Brown all’Ariete, e maioliche di Chia alla Maggiore.
Inaugura oggi, inoltre, Genus Bononiae, percorso sulla storia e la cultura della città , non specialistico, ma capace di indirizzare ai musei di settore: un punto di riferimento per chi voglia sapere come sia stata e come sia diventata così questa muffa di città 


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