747 milioni per la guerra, 35 milioni per la cooperazione economica
Chiede il riconoscimento del suo governo come il principale protagonista del negoziato con i movimenti antigovernativi, in risposta all’interventismo di Washington, che ha intensificato i colloqui con i Taleban e sostenuto l’apertura di un loro ufficio politico in Qatar. Ma chiede anche garanzie vere, per tradurre le promesse ricevute alla conferenza internazionale di Bonn del 5 dicembre 2011 in accordi bilaterali di partenariato e cooperazione di lungo periodo.
Come quello siglato ieri a Palazzo Chigi nel colloquio avuto con il premier Monti. I dettagli dell’accordo non sono noti, ma due sono le principali questioni sul tavolo: l’addestramento delle forze di sicurezza afghane (polizia ed esercito) e la collaborazione economica.
In Afghanistan, è da poco iniziata la seconda fase del processo di transizione – il trasferimento della sicurezza alle forze locali – e Kabul ha bisogno di un esercito professionale per gestire la situazione quando le truppe Nato si saranno ritirate, nel 2014. Quanto alla collaborazione economica, a Bonn la comunità internazionale ha ribadito l’impegno a sostenere l’Afghanistan anche dopo il 2014, per il decennio della «trasformazione» e del consolidamento del tessuto economico e istituzionale. Ma è chiaro che, via le truppe, si chiuderanno anche i rubinetti degli aiuti.
Nella conferenza stampa che ha seguito la firma dell’accordo di partenariato, Monti ha assicurato che «l’Italia non abbandonerà l’Afghanistan», sottolineando che è «il primo paese occidentale a firmare un accordo simile». E oltre a dirsi grato «al governo afghano per la leadership nel processo di pace e riconciliazione», ha promesso due cose: l’addestramento e la formazione delle truppe afghane e una maggiore «cooperazione economica nei settori che Kabul considera strategici per il decollo dell’economia». Peccato che le uniche due infrastrutture nominate da Monti – l’aeroporto di Herat e il corridoio est-ovest da Herat e Chest-e-Sharif – siano strategiche soprattutto per l’Italia: gli imprenditori italiani non vedono l’ora di garantirsi i lucrosi appalti per l’aeroporto di Herat e il corridoio servirà a trasportare il marmo sottratto dalle imprese italiane alle miniere afghane. Peccato inoltre che l’unico riferimento di Karzai a un progetto concreto realizzato dagli italiani in questi anni riguardi proprio la strada Kabul-Bamiyan: dal 2003 sono stati stanziati più di 110 milioni di euro, ma finora solo un terzo della strada è asfaltato.Quanto alla promessa di Monti di un maggior impegno in ambito civile rispetto al passato, pura retorica: nel decreto legge del 29 dicembre 2011 (n.215) sulla proroga delle missioni internazionali, per il 2012 sono previsti più di 747 milioni di euro per le operazioni militari, e meno di 35 per la Cooperazione allo sviluppo.
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