“Il mondo è in apprensione per l’euro il nostro destino si decide a Bruxelles”

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DAVOS – «Apprezzano il processo in corso e non si pongono più il problema se l’Italia ce la farà  ad uscire dalla crisi del debito sovrano». Giuseppe Recchi, presidente dell’Eni da 9 mesi, è al suo primo World Economic Forum. «La cosa che colpisce le persone con le quali si parla a Davos in questi giorni è che si è ribaltato uno stereotipo, che riguarda l’Italia ma non solo: quello dell’ingovernabilità . Il governo Monti sta dando una dimostrazione che è possibile governare i problemi ed ha addirittura modificato la percezione del valore politico del fare riforme rispetto al loro costo in termini di consenso». L’Italia non è più vista quindi come il grande malato che rischiava di contagiare l’intero continente. «Oggi è esattamente il contrario, gli investitori esteri sono meno concentrati sull’Italia come problema in se e per l’Europa e più concentrati invece sull’Europa stessa. Un politico americano ieri ha detto che anche se l’Italia facesse tutto quello che deve e lo facesse al meglio, questo potrebbe non bastare se l’Europa non sarà  in grado di rassicurare il mondo sulla capacità  di governare se stessa». 
Al Forum praticamente non si parla d’altro. In un seminario su yuan e dollaro si è finito per discutere solo di euro, della sua sopravvivenza, della sua capacità  di superare la crisi. Ogni giorno ci sono tre o quattro sessioni di lavoro sulla governance europea, Angela Merkel e David Cameron sono state le star assolute. La vecchia Europa è tornata a dominare il palcoscenico per la ragione peggiore: la paura che non sopravviverà  a se stessa. E l’approccio degli investitori americani e asiatici è inevitabilmente diverso da quello degli europei. Gli europei non hanno modo di salvarsi da un eventuale crollo dell’euro, gli stranieri possono: eliminando i loro attivi in questa valuta e non investendo più da queste parti. «Ogni conversazione si conclude così: finché non si capisce cosa fate a livello europeo io non investo» riassume Recchi.
Al primo incontro del primo giorno del Forum, alla domanda se ritenessero elevato il rischio di esplosione dell’euro, la maggioranza dei presenti aveva alzato la mano. Dopo tre giorni di lavori, incontri, sessioni, il mood è cambiato. «E’ stata importante l’attenzione posta dalla Merkel sullo sviluppo, confermata dal fatto che al Consiglio Europeo di lunedì crescita e lavoro saranno al centro dell’agenda. Ora quello che manca è un segnale deciso che i governanti europei sono determinati a costruire dei meccanismi e una capacità  decisionale tali da consentire di governare un sistema complesso come quello europeo. E’ l’esito ultimo della crisi greca: c’è bisogno della certezza che i singoli paesi e l’Europa siano governati in maniera trasparente ed efficace. Monti mettendo in sicurezza i conti e riformando le pensioni ha dimostrato che l’Italia si può governare, ora tocca all’Europa». 
Ma dopo le pensioni il governo Monti ha fatto le liberalizzazioni, e uno dei provvedimenti più importanti è la separazione dall’Eni di Snam. «La prima cosa che si fa quando si entra in una azienda dissestata è mettere in ordine i conti, la seconda è dare un segnale che si è in grado di guidarla e che si ha una visione. Il segno principale del provvedimento sulle liberalizzazioni, che non misuro sui singoli aspetti, è che indica una linea strategica e la determinazione a perseguirla». Resta il punto che Snam dovrà  uscire dal perimetro dell’Eni. «Ci adegueremo alla normativa tenendo conto degli interessi di tutti gli azionisti. Il business dell’Eni è prevalentemente l’esplorazione e la produzione di gas e petrolio, si concentrerà  ancora di più su quello».


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