Scaroni non rimpiange Snam “Senza di noi sarà leader europeo”
TRIPOLI – Paolo Scaroni è già sul tappeto rosso quando Mario Monti atterra a Tripoli e se lo trova schierato fra i dignitari libici in fila per omaggiare il premier italiano. Come fosse lui stesso, Scaroni, un’autorità libica. «E’ andato tutto bene?», chiede Monti, e si riferisce alle liberalizzazioni. Scaroni risponde «tutto benissimo, è quello che sapevamo e noi faremo la nostra parte». L’amministratore delegato di Eni è atterrato in Africa un’ora prima del governo, ma ha poco tempo per sottolineare che, a meno di un anno dall’inizio della guerra civile, la compagnia è tornata a produrre gas e petrolio come prima della guerra: «Siamo intorno a 260 mila barili al giorno, sui livelli di prima, quando eravamo attorno ai 270 mila».
Dottor Scaroni, le liberalizzazioni fanno soffrire i tassisti, ma anche l’Eni.
«No, noi siamo soddisfatti: è stato tutelato il campione europeo del gas. Il governo ha fatto bene a decidere, a tagliare questo nodo gordiano perché i mercati non vogliono chiacchiere. Da tre anni abbiamo capito e detto pubblicamente che il business di Snam non era più strategico per Eni: di fronte a una buona opportunità era giusto vendere. Per cui questa “imposizione” del governo ce la aspettavamo da tempo, ci eravamo preparati, il nostro business andava da un’altra parte e in quella direzione l’abbiamo sviluppato. E adesso una Snam unita, con la rete, Italgas, i rigassificatori, gli stoccaggi, potrà crescere in Europa e aiutare l’Europa».
Non avete avuto voi la tentazione di allargarvi in Europa con la Snam?
«Una crescita europea di Snam con Eni azionista al 52% non sarebbe stata possibile, ci avrebbero fatto mille ostacoli. La strategia europea di Snam ormai era in contraddizione con la proprietà di Eni: dovevamo rendercene conto. Ma poi: l’Eni ha 26 miliardi di euro di debito. Di questi, 11 sono di Snam, per cui nel momento in cui dovessimo cedere Snam a 15 miliardi, considerando, il nostro debito scenderebbe a circa 7 miliardi. Questo ci darebbe spazio per nuovi investimenti nel nostro campo che, ripeto, sarà sempre più l’esplorazione, l’estrazione e la commercializzazione di gas e petrolio. In Italia noi facciamo il 6% del nostro Ebit, il nostro business è nel mondo, è scoprire petrolio in Angola o Mozambico e venderlo negli Usa o in Asia».
Il percorso per costruire questa separazione è ancor lungo
«Una grande avvertenza: noi ci auguriamo che le modalità di vendita siano market friendly, che ci siano benefici sia per i 300 mila azionisti Eni che per i 200 mila azionisti Snam, che sia cioè un’operazione di mercato: se non sarà un’operazione di mercato ci opporremo fieramente».
E crede che Mario Monti non abbia ben chiaro in testa queste cose?
«Non ho nessuna ragione per credere che il governo non lo farà : Mario Monti è qui per conquistare la fiducia dei mercati, perché se non la riconquista siamo tutti morti. Sa benissimo cosa farà e sono sicuro lo farà . E io stesso, lanciando un messaggio di difesa degli azionisti, lancio un messaggio ai mercati, di salute del sistema Italia».
Chi potrebbe comprare e gestire la Snam?
«Sicuramente il governo potrà imporre che il potenziale offerente sia dell’Unione europea. Potrà essere una public company con quote della Cassa depositi e prestiti italiana, ma anche di quella francese, dell’analogo istituto tedesco, questo sarebbe in sintonia con l’idea dell’interesse strategico per l’Europa, investire sulle reti gas nazionali per unificarle a livello europeo».
Qualcosa ci sarà pure nelle scelte del governo che non va bene al grande ex monopolista.
«Sono delusissimo che il governo non abbia riportato il limite delle esplorazioni a 5 miglia dalle 12 miglia in cui era. Dopo l’incidente Bp nel Golfo del Messico, il parlamento italiano ha bloccato l’esplorazione e lo sfruttamento di giacimenti di idrocarburi a meno di 12 miglia da ogni riserva marina. Siamo stati gli unici al mondo; e posso capirlo sul petrolio, ma anche sul gas? Che in caso di incidente finirebbe nell’atmosfera? Mi auguro che questo provvedimento rientri, perché qui stiamo parlando di decine di miliardi di investimenti che porterebbero lavoro e crescita al Paese».
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