Quel Sopa che rompe il video

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È il dato da cui partire per indagare le forme di attivismo, pardon di militanza nel nuovo millennio. Con una avvertenza: tra la Rete e ciò che si muove al di fuori di essa esiste un rapporto simbiotico, anche per quanto riguarda la politica, cioè quell’agire collettivo che punta a trasformare la realtà . Chi sta in Rete lo è nel cyberspazio ma anche chi ritiene che la «strada» sia il luogo eccelso dell’azione politica. Dunque non c’è azione politica se non si è in Rete.
Proposizione che assume un significato molto più evidente se si sofferma lo sguardo, meglio l’attenzione nell’ultima partita che vede un conflitto tra la Rete e le proposte di legge presentate al Congresso degli Stati Uniti per estendere il regime della proprietà  intellettuale a ogni contenuto presente su Internet. La battaglia contro il progetto Sopa ha visto nei giorni scorsi mobilitati imprese, utenti della rete e associazione dei diritti civili. Una mobilitazione che ha visto l’adesione anche di uomini e donne che non vivono negli Stati Uniti, ma che ritengono quel progetto di legge una sorta di pietra tombale che vuol essere posta violentemente sopra le pratiche comunicative, sociali e politiche presenti in Rete. 
Una mobilitazione ha ha avuto molti consensi. Persino Mark Zuckeberg, il gran kapò di Facebook, ha twittato un messaggio in cui si schiera contro il progetto di legge. Consapevole che se il progetto diventa legge, anche la sua bramosia di profitti vene messa in discussione, perché ogni contenuto, messaggio, informazione è trattato come una merce che non può essere commentata, discussa. 
Non è dato sapere se il Sopa sarà  approvato o meno dal Congressso Usa, ma la mobilitazione contro quella proposta di legge pone in termini netti cosa si intende per sfera pubblica dentro la Rete. Un terreno di conflitto, dove la dimensione comune dei contenuti – cioè prodotto di una cooperazione sociale – e la tendenza a una sua arcaica espropriazione privata, che mette persino in discussione modelli di business divenuti dominanti, certo solo su Internet, dominanti. È un conflitto reale, il cui esisto non solo condizionerà  lo sviluppo di Internet, ma anche di quel che accade fuori dalla Rete. La posta in gioco è appunto l’esito della cooperazione sociale, la condivisione di sapere e conoscenze, cioè di quella materia prima, e pregiata, del contemporaneo regime di accumulazione capitalistico. 
Ci sono già  molte spiegazioni di quanto sta accadendo in Rete, compresa il consenso tiepido verso l’azione contro la Sopa, che vede tra i suoi sostenitori imprese, transnazionali va da sé, incapaci, come le industrie discografiche o cinematografiche, di adeguarsi a modelli di accesso alla Rete diversificati che fanno del concetto di proprietà  intellettuale carta straccia. Spiegazioni ragionevoli, ma che non colgono il punto essenziale. Il pacato rifiuto della proprietà  intellettuale è l’unica possibilità  per affermare il diritto di accesso al sapere e alla conoscenza. E di affermazione politica della possibilità  di riprendersi ciò che è comune.


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