Mps, via al piano per evitare l’aumento

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MILANO – Il cda del Monte dei Paschi dà  il via libera al piano di rafforzamento patrimoniale da 3,26 miliardi, che prevede ogni possibile misura fuorché l’aumento di capitale. La banca senese, tra quelle messe più in difficoltà  dalle occhiute misure dell’Autorità  bancaria europea, ha approvato il piano che oggi sarà  inviato in Bankitalia ed è un mix tra conversione di obbligazioni (1,1 miliardi), passaggio ai modelli avanzati di tutti gli attivi a rischio (gli analisti stimano 600 milioni), deconsolidamento di alcune controllate come Consum.it (altri 600 milioni), capitalizzazione degli utili fino a giugno (fino a 200 milioni), dismissioni di immobili (500 milioni) e altri cespiti (altri 600 milioni). Tutto entro giugno. Sarà  una faticaccia, ma eviterà  di esporsi al rischio di mercato, e alla Fondazione azionista di controllo con il 48% di diluirsi, non avendo denari per seguire un altro aumento di capitale.
L’assillo patrimoniale è comune a diversi altri istituti, in tutta Europa. E quattro banche italiane – oltre a Mps ci sono Unicredit, Banco popolare, Ubi banca – entro oggi scriveranno a Via Nazionale come intendono rafforzare di 15,36 miliardi di euro il loro patrimonio. Solo Piazza Cordusio ha giocato d’anticipo e sfidato il mercato, con un aumento da 7,5 miliardi in corso fino a venerdì prossimo e la conversione di 3 miliardi di bond Cashes. Per le altre, sarà  un mix di prestiti convertiti, cessioni di attivi, adozione di nuovi modelli contabili che assorbono meno capitale, messa a riserva dei profitti. Non dovrebbe essere troppo faticoso per Ubi banca, mentre il Banco popolare, determinato a evitare altri aumenti (lo ha escluso di nuovo ieri il cfo, Maurizio Faroni) dovrà  ben ingegnarsi per trovare il miliardo che resta, dedotta la conversione di bond e il passaggio ai modelli interni. A parte Unicredit, prevale la strategia che gli analisti finanziari chiamano buy time, e che fa leva anche sul laicismo sparso da Draghi e dal governatore Ignazio Visco nelle loro ultime parole riguardanti i criteri Eba.
Via Nazionale riceverà  i piani oggi, li esaminerà  e li girerà  in qualche giorno all’Autorità  bancaria europea. L’8 febbraio, dopo un primo esame dei dati (sono 70 le banche sotto esame), si riunirà  il plenum dell’Eba. Allora si potrebbe avere qualche comunicazione di insieme; soprattutto – specie se il Consiglio europeo di fine gennaio riuscirà  ad avviare con vigore il Fondo salvastati, e così a ridurre gli spread sui titoli sovrani aumentandone i prezzi – l’Eba potrebbe ridurre l’esigenza temporanea di capitale, che per le big europee è stata fissata al 9% di Core tier 1. È questa la vera speranza dei banchieri italiani: che tra un mese lo spauracchio Eba sia affievolito dal migliorato quadro circostante, e i piani inviati ieri alle vigilanze europee siano scavalcati e in parte superflui.
Negli scambi di ieri gli investitori sono tornati con forza sul settore, incoraggiati dalle buone notizie sull’economia Usa e dal calo dei rischi sovrani europei dopo le aste in Francia e Spagna (il Btp-Bund è sceso a 451 punti base, 10 meno della vigilia). Altri «timidi segnali di stabilizzazione» dell’economia dei 17 membri Ue, come ha detto il presidente della Bce, Mario Draghi. A Piazza Affari, Unicredit ha preso il 12,9% a 3,36 euro, Monte dei Paschi il 3,5% a 0,21 euro, Banco popolare +13,81% a 1,02 euro, Ubi banca +6,22% a 3,17 euro.
Fuori dall’Italia, vedremo se i grandi del credito continentale vorranno ricapitalizzare. Commerzbank ieri ha detto che raccoglierà  6,3 miliardi, anche sul mercato. Gli operatori attendono al varco la rivale Deutsche Bank, la francese Bnp Paribas, la spagnola Bbva


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