Aerei scuola italiani per le Tigri volanti di Israele

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Tredici parole che l’Italia aspettava (e la Corea del Sud temeva) da due anni. Un punto pesante d’una partita infinita. Un breve comunicato per annunciare che i generali di Tel Aviv, dopo mesi di test, di delegazioni, di campagne stampa e pure di qualche colpo basso, alla fine hanno scelto fra italiani e coreani a chi affidare una delle più ambite forniture: la sostituzione d’una trentina dei vecchi A-4 Made in Usa, in servizio fin dal 1968. Per i militari israeliani non c’è partita, i T-50 Golden Eagle che proponevano da Seul sono solo modifiche di vecchi caccia con molte ore di volo: molto meglio comprare i nuovi M-346 Master dell’Alenia Aermacchi. Un affare da un miliardo di dollari. 
È la prima volta in quarant’anni che «le migliori forze armate del mondo» puntano su un aereo non americano. Offrendo all’industria aerospaziale italiana mercati mai visti, soprattutto negli Usa: «La partita non è finita — dicono prudenti dalla Farnesina — abbiamo fatto solo un bel gol». Decisivo, dice Haaretz: l’ultima parola spetta al premier Netanyahu, fra qualche settimana, e sembra improbabile che l’ago possa pendere dalla parte d’un governo, il sudcoreano, che è fra i più titubanti nell’adottare sanzioni contro l’inviso Iran. 
Il chiodo fisso è lì: Teheran. E l’acquisto, buona notizia per il nostro export, non lo è altrettanto per le prospettive di pace: se il 2012 sarà  l’anno d’un possibile attacco ai siti nucleari — ieri il New York Times ha pubblicato quasi un appello: «Non farlo, Bibi» — ci si prepara nei dettagli. Questi M-346 italiani non servono a combattere in prima linea. Israele li compra per affidarli alla Marina e addestrare i cadetti dello Squadrone 102, le «Tigri volanti». Costosissimi aerei scuola, ma d’una delle scuole più considerate: i coreani tengono così tanto a fornirli da aver elevato quasi una protesta ufficiale contro il governo di Gerusalemme, denunciando «favoritismi all’Italia» e minacciando vie legali. La sfida Roma-Seul sinora è stata senza sconti, con articoli sui giornali asiatici che fino all’ultimo hanno calcato sull’inaffidabilità  economica degl’italiani, tirando in ballo ancora Berlusconi e i soliti bunga bunga. Un mezzo autogol: «Gli israeliani non comprano una cosa solo perché chi gliela vende è politicamente più vicino — dice una fonte diplomatica — ma in questo affare, è certo, hanno pesato anche i buoni rapporti che negli ultimi anni il governo italiano ha saputo mantenere». 
L’affare non si ferma agli aerei. Israele fornirà  all’Italia i suoi droni, gli aerei senza pilota. E fra qualche mese andrà  in orbita un satellite congiunto per telecomunicazioni. Giulio Terzi, ministro degli Esteri, è stato una decina d’anni fa ambasciatore a Tel Aviv e una visita in Israele di Mario Monti è già  in agenda. Un pressing: «Chi alla fine vincerà  questa gara — spiega un alto militare israeliano — aprirà  un nuovo capitolo nel settore della difesa e della sicurezza. La collaborazione andrà  avanti». Una scelta strategica netta, che all’Italia può creare problemi con l’Iran… «Questa scelta è già  stata fatta».


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