Monti: “La Merkel faccia di più per aiutarci”

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ROMA – Il primo caminetto di maggioranza dura tre ore. Mario Monti riceve Alfano, Bersani e Casini nell’appartamento privato a Palazzo Chigi. Prima a pranzo. Poi, il vertice si conclude in salotto. Per la mozione unitaria di Pdl, Pd e Terzo polo sulla crisi la strada appare spianata: «Il testo – annuncia Casini – sarà  scritto dai partiti in stretto raccordo con il ministro delle politiche Ue Moavero». Servirà  ad offrire all’Europa l’immagine di un governo sostenuto con forza dalla politica. Monti però avverte i leader: «La mozione va benissimo, ma lasciatemi libertà  di manovra. Non fatela troppo dettagliata, non impegnate il governo su cifre e vincoli. Devo avere i margini per trattare». 
La partita in effetti è ormai una finale da dentro o fuori. Lo confermano le parole del premier al Financial Times. «La Germania deve fare di più per aiutare l’Italia e gli altri paesi indebitati. Altrimenti ci sarà  un potente contraccolpo negativo tra gli elettori delle nazioni del Sud Europa». Per una profetica coincidenza Monti riceve una telefonata di Angela Merkel durante l’incontro con i numeri uno della maggioranza. Non si allontana, conversa in inglese con la Cancelliera davanti ai partner. Rating, Fondo Esm, crescita, rientro dal debito sono al centro del vertice a Palazzo Chigi. Ma non solo. Alla presenza del Professore i segretari si confrontano infatti anche sulla legge elettorale. Persino la Rai entra nel menu. E il premier conferma ai partiti: «Non possiamo non occuparcene e ce ne occuperemo dopo aver portato a casa il decreto Cresci-Italia. Ma state tranquilli, escludo il commissariamento». 
Le parole di Monti nell’intervista al quotidiano economico inglese pesano come pietre. «La cultura della stabilità  imposta dalla Germania è un prodotto prezioso. Ma più i paesi indebitati mostrano di aver compreso l’imperativo della disciplina più i tedeschi dovrebbero rilassarsi». Si riferisce agli sforzi italiani. Tra questi c’è anche l’aver messo intorno allo stesso tavolo Pd e Pdl, averli convinti (ne aveva più bisogno Alfano di Bersani) a costruire un testo comune. E a farlo in tempi brevi: prima del 30 gennaio quando è fissato il Consiglio europeo. Questo è il calendario. In parallelo Pdl, Pd e Terzo polo prendono l’impegno di stringere sulle riforme istituzionali e la legge elettorale. Monti fa da spettatore neutrale mentre i segretari discutono di questo. Ma tutti sanno che incombe il monito di Giorgio Napolitano seguito alla bocciatura dei referendum. 
Casini garantisce che a breve verrà  programmato un nuovo incontro a tre con Bersani e Alfano. La conferma che una maggioranza politica esiste, nonostante le smentite di Bersani e Alfano, che c’è una coalizione ABC (dalle iniziali dei leader). Aperta agli altri (Lega e Idv) ma capace di camminare con le sue gambe. La riforma del Porcellum è il punto dolente. Il segretario del Pd mette alle strette il collega del Pdl: «Berlusconi tiene i rapporti con Bossi come si è visto con il caso Cosentino. A te non dispiace il Porcellum. Sei sicuro che c’è la buona volontà  del Pdl di andare avanti? Voglio delle garanzie». Alfano assicura: «La riforma la vogliamo anche noi». Ma restano le diffidenze. Anche per le liberalizzazioni si tiene le mani libere: «Ho preso atto dei vostri consigli, ma la delega è del governo». Come dire: decidiamo noi, altrimenti non si fa nulla. È un altro buon motivo per concentrarsi sulla legge elettorale. Casini sgombra il campo da assurde pretese: «Non ci sarà  nessun rimpasto. Invece è chiara a tutti la necessità  della politica di autoriformarsi».


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