Arrigoni, e dieci: ieri nuova inutile udienza nell’aula di Gaza
Ieri, per la seconda volta consecutiva, l’udienza è durata pochi minuti. Il processo è stato subito aggiornato al 30 gennaio. Non si sono presentati in aula i testimoni della difesa, pare per motivi di lavoro, e uno degli avvocati ha prontamente chiesto il rinvio. Inoltre alcuni documenti, riguardanti le prove prodotte dall’accusa, non sono stati consegnati in tempo utile alla difesa. Non è la prima volta che accade. Eppure, sino a oggi, i giudici militari non prendono provvedimenti.
Nessuno vuole un processo sommario. A cominciare dalla famiglia Arrigoni che, peraltro, si è già espressa contro l’eventuale condanna a morte degli imputati. I diritti dei 4 alla sbarra vanno pienamente garantiti. Lo avrebbe voluto lo stesso Vittorio che non si stancava di esortarci a «restare umani», in ogni circostanza. Ma il processo si sta trasformando in una farsa, con udienze che durano in media 5 minuti, con un pubblico ministero abulico e una difesa che vede accolte tutte le sue richieste. Intanto il tempo passa. Dieci udienze (più due preliminari, a luglio ed agosto) non sono bastate a far entrare nel vivo il dibattimento e a fare luce su di un rapimento e un assassinio compiuti da un gruppo (presunto) salafita, che continuano a generare interrogativi e ad alimentare il sospetto di una regia esterna. A ciò si aggiunge l’assenza ieri in aula, per la seconda volta consecutiva, di Amr Abu Ghoula, uno dei quattro imputati accusati di reati minori e, per questa ragione, a piede libero. Il presidente della corte militare, il 5 gennaio, ne aveva ordinato il fermo per non essersi presentato all’udienza. Abu Ghoula si trova in stato di arresto o è ancora ricercato? Ieri nessuno ha saputo darci una risposta precisa.
Eppure le corti militari di Gaza, quando vogliono, sanno essere rapide e spietate. Hanno appena emesso una nuova condanna a morte, la prima del 2012, la 36.ma da quando Hamas ha preso il potere a Gaza nel 2007. L’11 gennaio un tribunale ha condannato all’impiccagione un palestinese di 48 anni, colpevole di collaborazionismo con imprecisate forze ostili e di complicità in un omicidio.
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