Monti vuole una mozione sull’Europa “Mi serve una maggioranza vera”.

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ROMA – È il primo incontro di maggioranza, anche se soltanto gli esponenti del Terzo Polo accettano di definirlo tale. Oggi alle due Mario Monti aprirà  il suo studio a Palazzo Chigi a Bersani, Alfano e Casini. Un pranzo di lavoro per parlare ufficialmente dei prossimi appuntamenti europei, alla vigilia di incontri importanti come quello di mercoledì a Londra con Cameron e il vertice venerdì a Roma con Sarkozy e Merkel. La presenza a tavola di Enzo Moavero, ministro agli Affari europei, conferma il tema dell’incontro, sollecitato dallo stesso Monti ai partiti una settimana fa. Ma l’obiettivo del premier non è quello di una semplice informativa sul nuovo trattato in gestazione. Lo scopo è riuscire a strappare ai leader della sua maggioranza il sì a una mozione comune in Parlamento, da far votare prima del decisivo Consiglio europeo del 29 gennaio. 
«Avere un governo sostenuto da una vera e solida maggioranza – è il ragionamento del professore – ti rafforza sia in Europa sia di fronte agli investitori che scommettono sul default dell’Italia». A Palazzo Chigi si sono infatti letti attentamente il «draft» di S&P’s con le motivazioni del declassamento. Lì dove gli analisti americani, togliendoci la «A», scrivono di aspettarsi che «ci possa essere opposizione alle riforme ambiziose dell’attuale governo». L’ennesimo segnale di sfiducia verso il paese a cui, per Monti, è importante iniziare a rispondere in Parlamento rafforzando la caratura politica del «governo strano» e della sua maggioranza ibrida. Lo strumento a disposizione è il dibattito sull’Europa già  previsto per il 25 gennaio, a quattro giorni dal vertice di Bruxelles. Un passaggio parlamentare che Monti vorrebbe chiudere con una mozione unitaria sostenuta dalla sua maggioranza. Una missione a portata di mano. Un passettino in avanti nella costruzione di una vera maggioranza di unità  nazionale.
Il Pdl ha infatti già  depositato la sua mozione, a firma Frattini e Cicchitto. E così ha fatto il Pd, con Franceschini e Sandro Gozi. I contenuti non sono troppo distanti, anzi. Entrambe le mozioni chiedono al governo di non mollare sulla modifica all’articolo 4 del nuovo patto di bilancio, quello che impiccherebbe l’Italia a un rientro forzato del debito fino alla soglia del 60% sul Pil. Entrambe vogliono un rafforzamento del fondo salva-Stati Esm e chiedono di non umiliare le istituzioni europee. «Inoltre – anticipa Gozi del Pd – chiederemo a Monti di spingere con la Germania sul tasto della competitività  e della crescita. L’Europa deve diventare un grande spazio con delle vere liberalizzazioni nei settori nazionali protetti». Nel Pdl si ascoltano discorsi simili. «Il Patto fiscale che i governi europei si apprestano a firmare – mette in guardia Osvaldo Napoli – rischia di diventare il “braccio della morte” del sogno europeo. Il primo e più importante obiettivo dell’Europa dovrebbe essere invece un patto per la crescita». 
Chiaramente questa sintonia tra Pdl, Pd e Terzo Polo non è indolore e chi ne resta escluso inizia a innervosirsi. All’Unità  ieri Niki Vendola ha posto un ultimatum a Bersani, con una minaccia: «Se la prospettiva di un nuovo Ulivo non c’è più perché c’è una svolta a destra, noi saremo competitivi con il Pd in maniera virulenta». Anche dall’interno del Pdl si alza il monito di Maurizio Gasparri contro la tentazione di trasformare la maggioranza tecnica in qualcos’altro: «Al pranzo con Monti si parlerà  di cose importanti, di Europa. Ma non è opportuno darne una versione troppo politicista: non è una grande coalizione, lo dico forte e chiaro».


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