“Vi mostriamo come si muore di povertà ”
BARI – «Vivere senza un lavoro, specie se si è in età avanzata ma ancora produttiva è peggio di una diagnosi di cancro: mentre questa ti conserva la dignità e gli affetti, la condizione di disoccupato, oltre a spingerti a rinunciare alla vita, ti fa perdere la dignità , gli affetti e gli amici. Da malato ti sono tutti attorno, premurosi e generosi, da disoccupato tutti ti evitano, giudicandoti un incapace degno soltanto del minimo vitale». È un testamento spirituale quello che Salvatore De Salvo, 64 anni e da 7 senza un lavoro, lascia a tutti prima di morire. Sono le ultime parole, affidate a un blog, prima di farla finita in compagnia della moglie.
Il cadavere di De Salvo è stato restituito dal mare domenica mattina. Il corpo della donna, Antonia Azzolini, 69 anni, è stato trovato invece poche ore dopo sul letto di una stanza d’albergo del lungomare di Bari. È qui che i due avrebbero deciso di suicidarsi. Forse assumendo barbiturici. È l’ipotesi al vaglio di carabinieri e polizia: sui due corpi infatti non sono state trovate lesioni evidenti, ma sarà l’autopsia a confermare come sono morti i coniugi. Nella camera però sono state trovate decine di lettere che raccontano la disperazione dei due.
Il dramma della coppia inizia nel 2004 quando Salvatore, rappresentante di tessuti, perde il lavoro. I due scivolano in una profonda depressione. Provano per due volte a suicidarsi assumendo barbiturici ma qualcosa non va e si risvegliano di nuovo insieme. Nel 2007 vengono sfrattati e chiedono aiuto ai servizi sociali. Attraverso l’intervento del Comune di Bari vengono ospitati in un alloggio sociale. Cercano di risalire la china. Salvatore scrive quasi 600 lettere di richiesta di assunzione. Ma a 60 anni è difficile trovare un nuovo lavoro. Così l’uomo decide di rivolgersi ai politici.
Scrive centinaia di lettere ad amministratori locali e ministri nazionali. Fruga su Internet e trova gli indirizzi elettronici di parlamentari e sottosegretari. Lancia disperati sos. Riesce a portare il suo caso in tv. Ma non basta. «Il nostro dramma è giunto al suo epilogo – scrivono i due in una mail – e la nostra speranza di salvezza non può dilatarsi oltre». Salvatore in un altro messaggio spedito sul web agli amministratori regionali racconta la reazione disperata della moglie. «Amore mio, ti prego, aiutami a morire – gli avrebbe chiesto la donna – non sopporto più di vivere così, non sopporto più di vederti così».
La tragedia è annunciata. Eppure il Comune di Bari segue il loro caso. «I coniugi sono stati ospitati in una comunità di accoglienza e seguiti dai servizi sociali – spiega l’assessore al welfare Ludovico Abbaticchio – non potendo contare sul supporto o sull’ospitalità di parenti o amici, il 21 settembre 2011 in seguito a ulteriori richieste di proroga di ospitalità , i coniugi sono stati trasferiti in una casa di riposo sempre a carico dell’amministrazione comunale. Per realizzare quest’ultimo trasferimento abbiamo agito in deroga alle normative vigenti che prevedono l’inserimento in una casa di riposo per anziani autosufficienti che abbiano compiuto i 65 anni di età : poiché il signor De Salvo non aveva compiuto ancora 65 anni, non avendo alcun reddito, la spesa per l’inserimento nella casa di riposo è stata sostenuta dal servizio sociale comunale che avrebbe garantito la copertura anche in futuro».
I due però non ce l’hanno fatta. La depressione da un lato, la solitudine dall’altro. «Il mio sogno – lascia scritto quasi come un testamento Salvatore – consiste nel vedere ogni essere umano impegnato in un lavoro».
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