Torna la tentazione Fiat-Peugeot
Una sola sede per il gruppo Fiat-Chrysler: Torino o Detroit, perché va «ripensato l’attaccamento emozionale» al proprio Paese. Sergio Marchionne (nella foto con il nuovo look: barba e sciarpa) parla anche di nuove fusioni in Europa e critica i sindacati. Sul tavolo l’ipotesi di una trattativa con Peugeot. Dal salone di Detroit Sergio Marchionne (con barba sale e pepe, un po’ Hemingway) scruta il Vecchio Continente, che anche quest’anno non porterà buone notizie per l’auto («se continua così, Fiat perderà 400-500 mila vetture») e prevede un nuovo giro di alleanze. Per tutti.
«Ci deve essere un altro consolidamento dell’industria automobilistica a livello europeo e non solo. L’aggregazione è essenziale», ragiona. Anche Fiat-Chrysler non è una posizione chiusa. Per raggiungere l’obiettivo di 6 milioni di vetture nel 2014, il gruppo italoamericano può recuperare «in Brasile, che ho sottovalutato, o con Chrysler», ma anche procedere individuando nuovi partner. Il manager italocanadese avverte che non ci sono colloqui in corso, ma non esclude un terzo partner «che può essere di qualsiasi colore». Secondo fonti qualificate, la pista del Lingotto a questo punto porta a Parigi: i francesi di Psa Peugeot-Citroà«n sono pronti a negoziare l’alleanza. È questo il piatto forte delle strategie Fiat e si affianca al tema della fusione tra Torino e Detroit: che non avverrà quest’anno — sottolinea Marchionne ribadendo che prima bisogna procedere al riacquisto della quota della casa americana in mano al fondo Veba — ma «tra il 2013 e il 2015».
Così come non è adesso «il momento giusto» per valutare quale sarà la sede unica del gruppo, tra Torino e Detroit. Sul punto Marchionne spende ancora parole per tranquillizzare sulla volontà di non lasciare indietro l’Italia (i posti saranno salvaguardati, «quello del Lingotto è un numero protetto»), ma ha appena avvertito in un colloquio con ilWall Street Journal che «l’attaccamento emotivo al proprio Paese come produttore va ripensato. E questo non significa tradirlo, significa crescere. Sia Auburn Hill sia Torino sono in grado di ospitare» il quartier generale del gruppo. Ma sull’Italia la riflessione è sferzante: «Come si fa ad incoraggiare investimenti stranieri in Italia con i continui ostacoli che le parti sociali pongono alle imprese che vogliono fare impresa? — chiede in un’intervista aSky Tg24 —. Il problema non è Marchionne e non è la Fiat. L’Italia si deve aprire al mondo intero, deve smettere di chiudersi in se stessa. Non può andare avanti così, non si può dire no a tutto». E anche se «devo sfruttare tutte le opportunità per poter ridare fiato all’Italia, che rimane il centro dei nostri interessi», Marchionne annuncia di voler aumentare la produzione in America per cavalcare il momento magico di Chrysler: «investire a Detroit è la cosa più intelligente da fare in questo momento».
Entro il 2013 a Jefferson North, dove viene assemblata la Jeep Grand Cherokee, verranno creati altri 1.100 posti per ampliare la gamma e inserire una versione diesel destinata al Nord America, altri 150 dipendenti saranno arruolati per riaprire la fabbrica di Conner Avenue che produrrà la Dodge Viper. La vettura presentata al salone di Detroit, la Dodge Dart, ha intanto permesso a Fiat di incrementare di un altro 5% la sua partecipazione in Chrysler. La Dart è l’auto capostipite della strategia globale del Lingotto, sullo stesso pianale verrà costruita una berlina con il marchio Fiat anche in Cina, nello stabilimento di Guanzhou.
Negli Stati Uniti l’unica delusione al momento è stato il lancio della 500, con stime di vendita troppo ottimiste. Marchionne lo ammette con toni coloriti («Ho fatto una grandissima cavolata»). Per quest’anno le previsioni scendono dalle 50 mila vetture del 2011 a massimo 35 mila.
Related Articles
I cinesi fanno shopping sul tavolo 472 milioni per entrare in Munich Re
La People’s Bank acquista il 3,02% della società di riassicurazioni. Pechino disposta a comprare titoli di Stati Uniti e Nazioni dell’Ue. Ma chiede riforme strutturali
In Italia 100 minori morti ogni anno per incidenti domestici
In Italia gli incidenti rappresentano la prima causa di morte e di disabilita’ nella fascia d’eta’ tra 1 e 14 anni e quelli domestici costano la vita a circa 100 bambini ogni anno
Ammortizzatori, mancano due miliardi Fornero: ma il progetto non cambia