Marchionne detta i tempi “Andrò via nel 2015 dopo la fusione Fiat-Chrysler”

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TORINO – «Non succederà  nulla fino a dopo il 2015, a meno che non sia investito da un bus». Alla vigilia dell’apertura del Salone di Detroit, Sergio Marchionne, l’ad di Fiat e Chrysler, si gode i successi a stelle e strisce e fa ironia sul suo futuro. È lui, secondo il Detroit Free Press il manager dell’anno grazie agli obiettivi centrati, in largo anticipo sui tempi. E tanto per iniziare, in una lunga intervista intitolata “Il generale senza paura di Chrysler”, sulla sua successione alla guida del gruppo italo-americano pone un paletto chiaro: non accadrà  nulla prima del 2015, così come sul completamento della fusione tra Fiat e Chrysler. Unica incognita? La quotazione in Borsa che potrebbe arrivare prima, «tra la fine del 2012 e l’inizio del 2013», periodo in cui verranno avviate le trattative sulla quota Veba, l’altro socio al 41,5 per cento, il fondo che fornisce l’assistenza sanitaria ai pensionati della casa di Detroit ed è amministrato dal sindacato Uaw.
Marchionne negli Stati Uniti è vissuto come un salvatore. Sono passati otto mesi da quando la terza fabbrica di auto ha rimborsato al governo americano il debito e ora l’ad punta ad un gruppo che produca 6 milioni di auto entro il 2014. «Se raggiungerà  l’obiettivo – sottolineano a Detroit – Marchionne avrà  salvato due case automobilistiche in meno di un decennio».
L’ad ha rilanciato la Chrysler dalla stanza “4E” del quartier generale statunitense, ufficio da lui stesso ribattezzato «il campo di battaglia»: schermi piatti, microfoni e una macchina per l’espresso. E dove i manager, o almeno Marchionne, possono fumare. Sulla parete dietro la scrivania un manifesto per la Dodge che dice: «Give a Shit», slang per dire «Me ne frega». Slogan per indicare la differenza tra il pre e post-bancarotta della Chrysler. «Abbiamo messo a punto un’organizzazione che ha due obiettivi – sottolinea Marchionne, rinomato per il controllo maniacale sul più piccolo dettaglio, al Free Press – uno è preparare il mio successore e l’altro è sopravvivere a me». La casa statunitense, dove Fiat è arrivata al 58,5 per cento pochi giorni fa, è rinata più velocemente di quanto l’amministratore delegato prevedesse: «Se dicessi che mi aspettavo qualcosa di meglio, mentirei» sottolinea. Ma ai successi oltreoceano si contrappone la crisi in Europa, «il problema maggiore con cui io e la mia squadra dobbiamo confrontarci» e che potrebbe avere un impatto sulla convergenza fra Fiat e Chrysler: «In linea generale l’accelera», sottolinea Marchionne.
Il 2012 sarà  l’anno delle sfide per Chrysler, che quest’anno lancerà  un unico nuovo prodotto, il Dodge Dart, la prima vettura su tecnologia Fiat e che punta ad affermarsi nel segmento delle compatte. Il tallone d’Achille americano. «Le cose grosse arriveranno nel 2013 – dice – abbiamo fatto il 20 per cento perché ritengo che la maggior parte delle scelte industriali siano alle nostre spalle. Il peggio è passato, ora è centrale eseguire i piani». L’Italia è lontana. Non se ne parla. Il Detroit Free Press cita il lungo braccio di ferro con la Fiom e l’uscita di Fiat da Confindustria, «potente lobby d’affare italiana». Marchionne, però, non parla della culla del Lingotto. Respinge solo le critiche rispetto al lancio della “500” negli Stati Uniti, trasformato nel «Fiat 500 fiasco». L’ad ribatte: «Abbiamo lanciato l’auto un anno prima, questa è la verità ». E poi ricorda i problemi burocratici per ammodernare la rete di vendita. Rimane il dato negativo, l’unico neo: l’obiettivo era vendere 50 mila “500” in Nord America, si è arrivati a poco più di 26 mila.


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Dall’acciaio alle navi, la scatola cinese dei Riva

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IL GRUPPO · 36 siti produttivi, 19 in Italia
Con 21.711 dipendenti, controlla tutti gli stadi della filiera siderurgica Il gruppo Riva Fire Spa è una grande scatola cinese, al cui interno è presente un labirinto di imprese, holding, società  italiane ed estere. Attualmente il gruppo possiede 36 siti produttivi: 19 in Italia (dove viene prodotta la parte prevalente dell’acciaio – oltre il 62% – e dove l’azienda realizza il 67% del proprio fatturato) e altri in Germania, Francia, Belgio, Spagna, Grecia, Tunisia e Canada.

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