L’allarme di Jalil: «Sull’orlo di una nuova guerra civile»

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Ma resta ancora in ballo il Trattato d’amicizia, riattivato già  con la visita del presidente del Cnt Mustafa Abdel Jalil in Italia a metà  dicembre, e che ora Monti confermerà . Il Trattato, sottoscritto da Berlusconi e Gheddafi nel 2008 a Bengasi, riconosce i misfatti coloniali italiani attraverso il risarcimento di 5 miliardi di dollari distribuiti in 20 anni, da impiegare nella costruzione di una mega-litoranea. Ora poi si presenta – mentre accorrono in Libia ministri francesi e anche quelli della Germania che non ha partecipato alla guerra – l’affare della ricostruzione di quello che la guerra civile e i bombardamenti della Nato hanno distrutto. Ricostruzione che, secondo l’Economist, darà  alla Libia nel 2012 un «rimbalzo» eccezionale con un tasso di crescita del 25%. Per i nuovi affari l’Italia farà  contare, in perfetta continuità  con il governo Berlusconi, il peso rilevante della sua iniziativa militare nella guerra. Ma dietro c’è ancora la vicenda sporca interna al Trattato, cioè l’impegno del nuovo governo libico a «contenere» – con i campi di concentramento come faceva Gheddafi e con il pattugliamento a mare e sui confini interni – l’immigrazione dei disperati in fuga dalla miseria e dalle guerre dell’Africa dell’interno. Il Cnt e Jalil hanno già  dato ampie rassicurazioni a proposito. Solo a parole, purtroppo, il ministro della cooperazione Riccardi ha detto che l’Italia avrebbe «rivisto» il Trattato.
Tutto si tiene sul delicato equilibrio di due interrogativi: chi ha vinto realmente in Libia e qual è la situazione a Tripoli. Una situazione che si racconta da sé. Due mesi dopo la cattura e il linciaggio di Gheddafi, la Libia è sull’orlo di una nuova guerra civile. L’allarme di questi giorni è dello stesso Jalil, dato più volte per dimissionario dalla presidenza del Cnt da tutte le tv arabe. «La Libia rischia di precipitare in una guerra civile se non riuscirà  a tenere sotto controllo le milizie rivali che continuano a fronteggiarsi nel paese», ha denunciato da Bengasi dopo una furiosa battaglia scoppiata nel centro di Tripoli solo martedì scorso, che ha provocato sei vittime ufficiali ma in realtà  più di dieci morti secondo Al Arabiya. Che ha raccontato di violenti scontri a fuoco in diversi quartieri, nati dopo che un gruppo di miliziani provenienti dalla città  di Misurata, asserragliati nel vecchio palazzo dei servizi segreti, si era rifiutato di rispettare un ordine di sgombero da parte del Cnt. Altre fonti hanno parlato di «milizie filo-monarchiche contrapposte a islamisti». Ora gli scontri armati sembrano essersi radicalizzati «politicamente». Giovedì scorso due dei principali gruppi di ex insorti libici hanno preso posizione contro la recente nomina da parte del Cnt del nuovo capo di stato maggiore dell’esercito, Yussef al-Mangush, definendola «illegale». Si tratta della Coalizione dei rivoluzionari (Thwar) libici, che riunisce fazioni di Bengasi, Misurata e Zintan, e del Consiglio militare della Cirenaica. Si teme il peggio, visto che i due gruppi dispongono di grandi quantitativi di armi, tra cui pezzi di artiglieria e carri armati.
E’ in questa Libia «reale» che arriveranno il presidente del Consiglio Monti e il comitato d’affari che si porterà  dietro.


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