Fitoussi: la Francia è più vicina a voi che a Berlino

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PARIGI — Il presidente francese ha appena pronunciato il discorso di chiusura del convegno «Nouveau Monde» davanti al premier italiano e all’economista Jean-Paul Fitoussi, docente della Luiss di Roma e dello Iep di Parigi, relatore di spicco della giornata conclusiva. Lo incontriamo nel salone dell’Eliseo, subito dopo gli affettuosi saluti con Sarkozy e Monti.
Professor Fitoussi, è soddisfatto della giornata?
«Moltissimo, perché rispecchia un dato di fatto: gli interessi di Francia e Italia sono molto più convergenti di quanto non lo siano quelli di Parigi e Berlino».
Perché allora, nella gestione della crisi europea, finora si è parlato soprattutto di «Merkozy» e di asse franco-tedesco?
«È l’alleanza storica dalla fine della Seconda guerra mondiale, ma non fa comodo a nessuno farla diventare un rapporto esclusivo. Il governo del mio vecchio amico Mario Monti è adesso un fattore decisivo».
Perché?
«Merkel e Sarkozy hanno solo da imparare da Monti su queste materie, e almeno il presidente francese ne è consapevole. Lo riconosce, cerca l’aiuto di Monti per salvare la Francia e l’Europa dal disastro. Sarkozy è sincero quando dice che è ammirato dai passi avanti fatti dall’Italia nelle ultime settimane».
È la nascita di un nuovo asse?
«Sarkozy e Monti sono d’accordo, preparati e decisi, ma ci sono delle incognite: le elezioni presidenziali in Francia tra 100 giorni, e la tenuta del governo italiano. I due sono bravi, speriamo che durino».
Sarkozy ha insistito sul fatto che non solo i cittadini e i governi, ma anche le istituzioni europee devono prendersi le loro responsabilità . A chi si riferiva?
«Alla Commissione e alla Banca centrale europea di Francoforte, naturalmente. Monti è d’accordo con lui, la Bce deve avere più libertà  di azione, anche nel praticare politiche non convenzionali. Non solo aiutando le banche, ma comprando il debito degli Stati. È inutile aiutare le banche se poi queste hanno paura e non comprano i titoli di Stato. La questione a questo punto non è economica ma politica».
Dall’inizio della crisi la Germania si oppone con tutte le forze a interpretare il mandato della Bce in senso più esteso.
«Per ragioni storiche, e anche perché finora la Merkel si è sentita al riparo. Ma io do a Berlino non più di sei mesi. La crescita dei tedeschi si sta già  fermando, la crisi arriverà  presto anche da loro. Entro giugno ne riparleremo».


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