«Io voglio la Fiom in Fiat». È partita la campagna internazionale

Loading

In pochi giorni sono arrivate 5.600 firme da tutti i continenti, dall’Europa all’America Latina, dal Giappone ai Nordamerica, dal Nordafrica all’Australia e alla Nuova Zelanda, da Israele alla Turchia. E naturalmente dai paesi europei. Fa scandalo che gli 86 mila dipendenti della multinazionale torinese (in realtà  la T di Torino resta soltanto sull’acronimo) non possano eleggere i loro rappresentanti e che alla Fiom sia impedito di svolgere attività  sindacale. Neanche la raccolta delle tessere potrà  più essere fatta in fabbrica, perché la Fiat si rifiuta di fare quel che è stato sempre fatto: la consegna delle quote di iscrizione. Si sta parlando del corrispettivo di un milione e mezzo di euro, che il sindacato guidato da Maurizio Landini dovrà  cercare di recuperare attraverso un grande sforzo politico e organizzativo fuori dagli stabilimenti. La colpa della Fiom, come ben sanno i nostri lettori, è di non aver ceduto ai ricatto di Marchionne, rifiutandosi quindi di sottoscrivere un contratto aziendale capestro che cancella il contratto nazionale di lavoro. L’articolo 8 della manovra di Tremonti pretende di «legalizzare» la rottura di regole imposte dalla Fiat, anche se resta il fondato dubbio che l’espulsione del sindacato più rappresentativo violi leggi dello stato, a partire dalla legge fondamentale: la Costituzione. La Fiom ha raccolto le firme tra i lavoratori del Lingotto per indire un referendum contro il contratto aziendale. E non escluso il ricorso alle vie legali. Ma estono anche a livello sovranazionale convenzioni che obbligherebbero il nostro governo a intervenire sulla Fiat perché venga rimossa la discriminazione ai danni della Fiom. La convenzione 87 dell’Oil (Organizzazione internazionale del lavoro), in vigore dal 1950, tutela la «libertà  di associazione e protezione del diritto all’azione sindacale» e la 98, in vigore dal 1951, «il diritto a organizzarsi e alla contrattazione collettiva». Sia la prima che la seconda convenzione sono state ratificate dall’Italia nel lontano 1958, e la Fiom sta studiando l’ipotesi di un ricorso all’Oil a Ginevra. Insomma, la Fiom non ci sta a farsi buttar fuori dalle fabbriche e accanto al conflitto – quattro ore di sciopero a gennaio e l’11 febbraio una grande manifestazione a Roma – percorrerà  le vie legali a livello italiano e internazionale.


Related Articles

Renzi con Angela per archiviare Tsipras “Errore referendum”

Loading

Il premier Renzi:“Austerity fallita ma le regole si rispettano” E la Cancelliera loda l’Italia: “Riforme impressionanti”

I soldi che ci sono

Loading

Con la crisi del debito che ha portato al governo Mario Monti è partita la spending review dettata dall’austerità . Ma c’è dell’altro. È ormai chiaro, infatti, che il debito pubblico continua ad aumentare perché le ricette liberiste attuate non funzionano. Quindi oggi, così come nel 1992, quando la finanza speculativa internazionale affossò l’Italia, l’esecutivo è pronto a avviare una nuova ondata di privatizzazioni.

«Fisco meno invadente» : controlli ai Piccoli ridotti del 20%

Loading

La lotta contro l’evasione fiscale corregge la traiettoria. Meno controlli a tappeto e più verifiche mirate.

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment