RITO FUORI TEMPO (E FUORI BILANCIO)

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I sindacati rispondono chiedendo al governo un «piano per il lavoro», vale a dire un progetto complessivo formato da misure economiche e dai mezzi finanziari necessari alla loro adozione. Susanna Camusso, segretario della Cgil, dichiara in una intervista a La Stampa di ieri che non «dobbiamo farci dettare i tempi da Bruxelles» e che «nelle trattative si può fissare la data d’inizio, non quella di chiusura». La parola «trattative», in questo contesto, significa concertazione. I sindacati non vogliono essere ascoltati. Vogliono «concertare», vale a dire concorrere alla definizione delle misure che il governo presenterà  al Parlamento e ai suoi partner europei.
Conosciamo il metodo. La concertazione è stata per molti anni il totem intoccabile della democrazia consociativa, la formula magica che avrebbe garantito al Paese la pace sociale. Per la verità  vi sono stati momenti eccezionali (durante gli «anni di piombo» e il governo Ciampi del 1993, per esempio) in cui il metodo è servito a sbloccare situazioni pericolose. Ma abbiamo fatto troppa esperienza di concertazione, nel corso degli anni, per non conoscerne gli inconvenienti. Il primo è d’ordine istituzionale. Il sindacato è una associazione di lavoratori e pensionati. Non rappresenta il Paese, non risponde della sua politica al corpo elettorale. Risponde soltanto a coloro che hanno deciso di associarsi per meglio difendere i loro interessi. Quando chiede la concertazione, il sindacato pretende per i propri soci più poteri di quanti ne abbia un cittadino qualunque, vuole essere una sorta di condomino, un passaggio obbligato, un contropotere, e stravolge i principi fondamentali della democrazia rappresentativa. Il governo può ascoltarlo, consultarlo, studiare le sue proposte, ma non può dimenticare che le responsabilità  del potere esecutivo non sono condivisibili e che il suo unico interlocutore istituzionale è il Parlamento, non un’associazione di categoria.
Il secondo inconveniente è d’ordine pratico ed economico. Quasi tutti gli accordi sottoscritti con il metodo della concertazione sono stati raggiunti grazie a compromessi che distribuivano compensazioni, permettevano al sindacato di esibire la prova del proprio potere, incidevano pesantemente sui conti dello Stato. Se abbiamo vissuto al di sopra dei nostri mezzi e accumulato un enorme debito pubblico, lo dobbiamo anche alla concertazione. Oggi il denaro per le compensazioni è finito, i compromessi a spese dell’Erario non sono più possibili e i tempi non sono dettati da Bruxelles, ma dalla necessità  di correggere il più rapidamente possibile, nell’interesse del Paese, gli errori commessi in passato. Il sindacato ha funzioni importanti e deve essere in condizione di esercitarle con la massima libertà . Ma tra queste funzioni non vi è quella di concorrere al governo del Paese.


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«Renzi ha detto che non si pos­sono dare dei soldi agli inse­gnanti e poi chie­derli indie­tro? Ha per­fet­ta­mente ragione». Sor­ride Mauro Comi, coor­di­na­tore della Rsu del comune di Firenze, la mac­china ammi­ni­stra­tiva più grande della Toscana con 4.500 addetti, cui il sin­daco ha inviato a set­tem­bre una let­tera di messa in mora.

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