Come sconfiggere le corporazioni che frenano l’Italia
«È perché ogni città è divisa in arte o in tribù, debbe tenere conto di quelle università , raunarsi con loro qualche volta, dare di sé esempli di umanità e di munificenzia». Così insegnava Machiavelli al XXI capitolo del Principe: chi governa deve rapportarsi con le lobby, dando esempi di umanità e munificenza. Da allora le cose non sono cambiate troppo e la questione dell’influenza dei gruppi di interesse sulla politica è ormai centrale per tutte le società occidentali.
Che vi siano associazioni portatrici di interessi è ovviamente legittimo e sotto certi profili auspicabile. Tuttavia senza esagerare: il connubio tra Wall Street, i regolatori, i parlamentari e le diverse amministrazioni americane ha portato a distorsioni e salvataggi che vengono denunciati con uguale intensità dai contestatori di Occupy Wall Street e dai liberisti dei Tea Party. In Italia stiamo sperimentando in questi giorni la forza di corporazioni come tassisti, farmacisti, trasportatori, professionisti che bloccano, rallentano, ostacolano riforme benefiche per l’insieme della società . E non è certo detto che siano le lobby più chiassose ad essere quelle più potenti, anzi. D’altronde, la Chiesa e i sindacati, benché i loro leader rifiuterebbero una tale definizione, dal punto di vista politico ed economico altro non sono che enormi lobby.
Ma come è possibile che le democrazie liberali siano diventate vittime di questo mal sottile, che corrode il buon funzionamento dell’economia e le stesse basi del suffragio universale, anteponendo all’interesse della stragrande maggioranza dei cittadini quello di un ristretto numero di persone?
Teoricamente la situazione non è difficile da spiegare e meglio di tutti lo hanno fatto due grandi economisti americani, Gordon Tullock e James Buchanan, fondatori della scuola cosiddetta di Public Choice. Il punto di partenza di questo filone di studi è che pare irrealistico immaginarsi due mondi distinti, uno dell’economia motivato dalla ricerca (legittima) del profitto ed un altro della politica guidato da motivi altruistici. Politici e burocrati sono altrettanto determinati nelle loro azioni dalla logica della massimizzazione del profitto che assume per essi una triplice forma: denaro, potere, prestigio. Il trio è indissolubilmente legato, perché il denaro può servire per scopi privati (e in questo caso è spesso legato a fenomeni di semplice corruzione) o per ottenere la rielezione e quindi potere. Il potere e il denaro sono la via per il prestigio il quale serve per avere più influenza e cosi via. Il deputato ha in mente la sua prossima rielezione (e, in casi miserabili, il suo vitalizio), il resto viene dopo, soprattutto in un’era post-ideologica come la nostra. E chi è in grado di assicurare questa triade di benefici al politico-burocrate o, peggio, minare il potere e il prestigio che già possiede? L’opinione pubblica? No, le lobby.
UN ESEMPIO DI SCUOLA
Prendiamo la categoria degli spazzacamini: alla generalità dell’elettorato poco interessa se il numero degli appartenenti alla corporazione è chiuso e prevede alte tariffe minime. Certo, i possessori di camini si infastidiranno un po’, ma il loro voto non sarà determinato da una legge in proposito. Per i 20.000 spazzacamini della Londra di Mary Poppins e per le loro famiglie, invece, la questione è essenziale e sono ben disposti a dirottare i loro voti (che messi tutti insieme fanno un pacchetto che può far vincere un’elezione) e le risorse finanziarie dell’antica corporazione verso quei deputati e partiti sensibili alle loro istanze. Il parlamentare medio componente della Commissione che deve occuparsi del problema, magari chiederà al suo assistente di procurarsi un po’ di dati. E il giovanotto a chi potrà rivolgersi? In primis, ovviamente, alla Chimney Sweepers Guild, che gli dimostrerà inequivocabilmente, numeri alla mano, che la liberalizzazione in Irlanda ha alzato i prezzi per tutti (un po’ come sta cercando di fare la Cgia di Mestre in questi giorni per l’Italia).
Inoltre, per quei pochi politici liberali Whig che si opporranno al privilegio, comincerà una campagna di stampa (in alcuni casi di intimidazione) con raccapriccianti storie di spazzacamini che tentano il suicidio gettandosi dentro un comignolo alla notizia dell’abolizione delle tariffe. Edificanti racconti di come la professionalità degli spazzacamini, garantita dal numero chiuso e da onorari dignitosi, abbia salvato innumerevoli gatti e cicogne ed evitato il soffocamento di intere famiglie, inizieranno ad apparire grazie agli sforzi incessanti delle agenzie di pubbliche relazioni ingaggiate alla bisogna.
Ora, a meno che non si sia un parlamentare sponsorizzato dall’associazione degli idraulici (una lobby anch’essa), che vede nel mercato della pulizia dei camini un terreno di caccia per i propri iscritti (sempre di tubi si tratta), perché qualcuno dovrebbe darsi la pena di mettersi nei guai? E per accontentare i suoi due colleghi di partito (uno pro-spazzacamini, uno pro-idraulici), il junior minister competente ha una bella soluzione: niente concorrenza sui comignoli, ma innalziamo le tariffe degli idraulici e accorciamo il periodo di ammortamento per i loro beni strumentali. Tutti vissero felici e contenti? Mica tanto: hanno perso le casse dello Stato, i milioni di consumatori che si servono delle due categorie di artigiani e l’allocazione efficiente delle risorse nel mercato. Se stagnari e addetti ai comignoli costassero di meno, i soldi avanzati sarebbero impiegati in attività più produttive per il benessere generale.
L’ITALIA DI OGGI
Trasferiamoci nell’Italia del XXI secolo e il panorama sembra assai somigliante, specialmente in un contesto in cui le corporazioni – professionisti, sindacalisti, banchieri, imprenditori, magistrati – si fanno eleggere direttamente in parlamento o entrano al governo, ponendo in essere un lucroso gioco di scambio di favori tra privilegiati a scapito di tutti gli altri.
Ci sono rimedi a questo stato di cose? Non definitivi, ma degli anticorpi sicuramente sì. Il primo è la Costituzione (che per noi significano anche i Trattati Europei), non a caso individuata da Buchanan e Brennan come principale antidoto all’intreccio lobby-politica. Le Costituzioni devono difendere le libertà individuali dai capricci della maggioranza ed è per questo che sono rigide, richiedono cioè super-maggioranze per essere cambiate. Le libertà individuali comprendono quelle economiche e quindi la difesa del mercato e della concorrenza, così come fa il Trattato di Maastricht. Per le lobby è più difficile cambiare le Costituzioni e la Corte Costituzionale può abrogare le leggine anti concorrenziali e protezionistiche. Per tale motivo una modifica anche della nostra carta fondamentale è auspicabile.
LE AZIONI DI CONTROLLO
La seconda medicina sono forti autorità indipendenti che abbiano come missione il presidio della trasparenza e concorrenza nel mercato. E’ vero che c’è il rischio che il regolato «catturi» il regolatore: ben per questo la legge istitutiva deve prevedere meccanismi di nomina che garantiscono la presenza di personalità indipendenti e con conoscenze adeguate. Naturalmente le decisioni delle autorità devono poter essere appellate davanti a giudici versati in materia e competenti anche sui fatti (e non solo su questioni di diritto come i Tar).
Infine i mass-media. Un giornalismo preparato e vigile è essenziale per combattere le degenerazioni lobbistiche: la luce del sole è il miglior disinfettante e quella elettrica il miglior poliziotto, come ebbe a dire un grande giurista americano, Louis Brandeis. Ovviamente, bisogna essere consapevoli che la proprietà dei mezzi di comunicazione è in mano ad editori che possono avere interessi particolari e ampie categorie di lettori appartengono a loro volta a corporazioni. La cura è una vivace concorrenza, l’uscita dello Stato, sia come proprietario che come elemosiniere, dai mass media e, infine, che ogni giornalista, editorialista e direttore sia un hombre vertical. Senza quest’ultima essenziale caratteristica, non ci sarà speranza di raddrizzare alcun legno storto.
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