Bonanni: subito un patto governo-parti sociali Altrimenti i facinorosi ne approfitteranno

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Un patto fra governo e sindacati? «Ho detto: parti sociali. Un patto fra governo da una parte e Confindustria, artigiani commercianti, associazioni industriali rappresentative e sindacati dall’altra». Dal 21 novembre il governo non ha raccolto la proposta. Monti parla di concertazione solo sulla riforma del mercato del lavoro, il ministro Fornero convocherà  i sindacati entro gennaio. Per Bonanni «questo è un fatto settoriale». Senza un patto generale sulla crescita, Bonanni è convinto che «le tensioni esploderanno». Perché? «Perché siamo in una sorta di economia di guerra e non esistono luoghi di confronto, di mediazione, di trasparenza. La politica, cinicamente, si è fatta fuori da sola: non vuole impegnarsi, né vuole che altri si impegnino. Il Parlamento rischia di essere la sede dove si vota la fiducia». E così? «Facinorosi o provocatori possono approfittarne, per alimentare tensioni sociali. Il premier questo deve averlo ben chiaro». Facinorosi? Provocatori? Bonanni non vuole essere più esplicito ma, avendo attraversato molte epoche della nostra storia, non può escludere provocazioni di provenienza oscura. Per prevenire, torna sul «patto sociale» da siglare con Monti. Con cinque definizioni differenti spiega lo stesso concetto: «Non accetteremo pacchetti preconfezionati o ispirati da altri. Pappe precotte. Soluzioni in vitro. Non discuteremo ulteriori iniziative oligarchiche. Proposte astratte elaborate in fredde aule universitarie». Bonanni dice che di fronte al vuoto della politica, «cinica e opportunista», Monti è l’unica soluzione: «Ho simpatia per questo governo, non c’è alternativa. Ma un galantuomo non basta…». Fonti del ministero per lo Sviluppo ieri hanno parlato di aziende in difficoltà  con 300 mila posti di lavoro. Per Bonanni non è una sorpresa: «Dobbiamo fare sacrifici, ma allo stesso tempo crescere. Chi garantisce questo doppio passo? Al governo ci sono soltanto tecnici che non conoscono il Paese reale. E non è colpa loro!». Bonanni ricorda gli ultimi passaggi: «La prima mossa del governo è stata colpire lavoratori e pensionati. Se ci fosse stata la concertazione, avremmo fatto in modo che fossero colpite contemporaneamente lobby e corporazioni». Per Bonanni è essenziale ridurre le tasse a lavoratori e pensionati. Vuole discutere di liberalizzazioni, a cominciare dalle aziende municipalizzate. Vuole alzare i salari dei lavoratori flessibili, ammodernare gli ammortizzatori sociali. Chiede normative apposite per il Sud. Discussione a tutto campo. Anche sull’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori? «Quando si apre un confronto, non ci devono essere preclusioni. Certo, per ogni modifica, devono dimostrarci la necessità ». Insomma, dipenderà  dal governo la pace sociale dei prossimi mesi? «Proprio così». Ieri Camusso (Cgil) ha parlato di «rischio che cresca il conflitto sociale». Angeletti (Uil) ha detto che «l’aumento della disoccupazione è benzina sul fuoco». L’unità  sindacale è ricomposta? «In questo momento abbiamo opinioni convergenti», dice Bonanni. E il richiamo del presidente Napolitano ai sindacati affinché dimostrino «slancio costruttivo»? «Le uniche riforme economiche degli ultimi tempi portano la firma delle parti sociali: sistema contrattuale e accordo del 28 giugno. Avessero avuto anche altri questo slancio…». Berlusconi concertava più di Monti? «Con Berlusconi non ci fu vera concertazione. Abbiamo ottenuto però alcuni risultati importanti. Come con Prodi, peraltro». Ci saranno altri scioperi? «La protesta arriva quando fallisce ogni trattativa». Andrea Garibaldi


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