2012, la pubblicità lascia la carta e vola sull’on line
Negli Stati Uniti tutto è già successo nel 2010, quando la pubblicità su internet (con i motori di ricerca a papparsi la metà della torta) ha superato per la prima volta quella sui media di carta. E non per quattro soldi, ma per 2 miliardi di dollari (fonte eMarketer). Oggi i dati dicono che anche in Italia quell’ora si starebbe avvicinando, con le lancette dell’orologio che potrebbero essere spostate dalla crisi sempre più forte: se le aziende continueranno a investire meno (come indica la forte contrazione pubblicitaria 2011 e la recessione in atto), facile che gli uffici marketing allochino sempre più i budget dove si paga meno e si ottiene di più. Se non bastasse, produrre e vendere uno spot per internet costa molto meno che per la tv, e vista solo dagli adulti. Ma a ciascuno i suoi guai.
In Italia, secondo i dati diffusi da Prima Comunicazione, nei primi dieci mesi dell’anno i quotidiani hanno perduto il 5,8% degli introiti pubblicitari. Si sono salvati soltanto i giornali locali, con un misero +0,6%, affondano i free press (ovvio, nell’epoca dell’informazione free) con -20,6%. Al contrario, la pubblicità sui media on line è cresciuta nei primi undici mesi 2011 del 14,6%, con punte ben maggiori come il +26,3% in gennaio (mese di bassa, in genere, sui giornali di carta), in aprile e in settembre. Ci sono casi di grandi periodici nazionali specializzati dove la pubblicità è già al 70% su carta e al 30% sul sito. Negli Stati Uniti, all’inizio del 2011 si prevedeva un +10% all’anno fino al 2014 di investimenti pubblicitari sull’on line; una previsione diventata timida alla luce di quel che è accaduto nel primo trimestre dell’anno, chiuso con una crescita del 23%. Non tutto è per l’informazione, almeno come l’abbiamo intesa finora: se si sbirciano i bilanci di Google, re del search, la pubblicità copre circa il 98% del fatturato.
Finiremo solo on line, per una informazione che corre non solo sui pc, ma su smartphone e iPad? In Francia, La Tribune, quotidiano economico concorrente del più importante Les Echos, dal 2012 andrà solo su internet, fine dell’edicola. La crisi spazza prima i piccoli, ma per i grandi sarebbe questione di tempo. Nei tradizionali auguri di fine anno, diversi direttori di grandi giornali di carta italiani non hanno usato mezzi termini nel prospettare alle redazioni un futuro digitale. Con quanti dei giornalisti ad ascoltare quel giorno, però non è stato chiaro.
Aspettando l’ultima copia del New York Times (i Maya non c’entrano niente questa volta, la funesta previsione veniva dal suo editore oltre che dalla Columbia University), l’ultimo incidente del quotidiano americano è stato una cattiva pubblicità per l’on line, ma – gioco di parole a parte – è meglio non sperarci troppo. Nei giorni scorsi, chi è abbonato all’edizione digitale del giornale americano si è visto recapitare una mail con un appello a non rinunciare alla sottoscrizione e l’ulteriore sconto del 50% per 16 settimane. Un controllo e scopriamo che abbiamo detto no a qualche regalo, ma non alla digital edition del Nyt. Passano poche ore e un’altra email ci chiede di non tenere conto della precedente, sorry, c’è stato un errore nell’invio. Come prendere un «buco» sulla carta.
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