La Chiesa russa richiama Putin: «La piazza va ascoltata»

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Il capo della Chiesa si è espresso con molta prudenza, perfino ammonendo sui rischi di manipolazione delle coscienze derivanti dall’uso di Internet.
Ma ha pure richiamato il potere a prestare maggiore ascolto alla gente, spiegando che le proteste sono «la reazione negativa legittima ai fenomeni di corruzione e all’attività  dell’apparato burocratico». Kirill ha invitato tutti al dialogo, per evitare il rischio di una rivoluzione. In Russia, ha detto, non si possono ripetere le divisioni del XX secolo che hanno fatto versare «tanto sangue».
Per molti, oggi la Chiesa e il suo patriarca potrebbero fornire proprio quella mediazione necessaria ad avviare un dialogo vero tra le autorità  e gli indignati delle proteste moscovite.
L’inquietudine del mondo religioso è esplosa come mai prima all’indomani del voto. Su vari siti sono intervenuti sacerdoti di base che hanno espresso la loro indignazione. Il reverendo Dmitrij Sverdlov ha raccontato della sua esperienza di osservatore in tonaca a un seggio elettorale. Ha scritto delle violazioni commesse dal preside e dagli insegnanti della scuola dove si trovava. Padre Fyodor Ludogovskij è arrivato a paragonare gli uomini del potere ai farisei condannati «dal salvatore prima ancora delle prostitute, degli occupanti romani e dei pagani». Il disagio è arrivato fino al cuore del patriarcato: «Il risveglio della coscienza civile ha coinvolto la Chiesa; i fedeli, ma anche i religiosi», ha detto padre Sergej Chapnin, direttore del giornale del patriarcato.
In passato la Chiesa si era sempre attenuta alla sua tradizione di non ingerenza negli affari politici. Con Eltsin, ma soprattutto con Putin, le gerarchie ortodosse sono diventate uno dei maggiori puntelli del potere. E anche in occasioni assai difficili il patriarca si è sempre schierato con il Cremlino.
Anche questa volta, di fronte alle iniziative della base, il vertice religioso ha reagito in un primo momento richiamando tutti ai loro doveri e alla tradizione. L’assemblea diocesana ha proibito seccamente ai preti di intervenire come osservatori ai seggi elettorali e ha ricordato quanto sia pericoloso per la Chiesa violare il principio di non partecipare alle campagne elettorali.
Kirill si è espresso in vari sermoni chiedendo a Dio di «dare senno a coloro che hanno punti di vista diversi sulla situazione politica». E ha ammonito contro «la fuga dei giovani nel mondo dei computer», contro «il degrado morale di alcuni ceti sociali». Per non parlare dell’uso di Internet da parte dei preti: «Dichiarazioni spesso incaute e provocatorie di singoli membri del clero gettano ombra su tutta la Chiesa».
Il suo invito al dialogo rivolto tanto alle autorità  quanto ai protestatari è stato però visto con favore da molti esponenti dell’intelligentsia. Per la prima volta, si dice, la Chiesa non è appiattita sul potere. Oltre si è spinto padre Vsevolod Chaplin, capo del dipartimento per le relazioni sociali: «È molto importante che tutte le accuse di disonestà  nel computo dei voti abbiano una debita risposta… Non possiamo dire oggi se siano accuse giuste… Per rispondere ci vorranno fatti chiari, che si possano dimostrare in aula».
Ora, quindi, si pensa che la Chiesa potrebbe mediare in qualche modo, anche se la distanza tra i contestatori e Vladimir Putin appare abissale: loro vogliono tornare a votare, mentre il premier non ne vuole nemmeno sentire parlare. Se al Cremlino ci fosse ancora il «consigliere nero» di Putin, Vladislav Surkov, si potrebbe pensare che la presa di distanza del patriarca sia un nuovo capitolo della «democrazia guidata».


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