Dai pestaggi in strada alla feluca le due vite del camerata “Katanga”

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ROMA – Alla “Tana delle Tigri” ci arrivi imboccando una stradina che si arrampica in salita, sopra la Farnesina e lo stadio Olimpico. Ironia di nomi e riferimenti geografici che si rincorrono nella biografia di Katanga, camerata dentro e diplomatico fuori. Lui che, sul palco dell’ex stazione ferroviaria (costruita per il Mondiale 1990, poi inutilizzata e dal 2008 occupata da CasaPound) si è esibito «per la prima volta dal vivo» con la sua band, “SottoFasciaSemplice”: «Non più un gruppo fantasma, grazie a voi», annuncia il console d’Italia a Osaka al pubblico, in un tripudio di braccia tese dei «fascisti del terzo millennio», come si autodefiniscono i suoi amici di CasaPound, promotori dell’evento il cui nome è ispirato dai manga giapponesi. 
L’Oriente, il fascismo, il rock, le missioni all’estero, le botte, le consulenze politiche e i dischi. Tutto si mischia nella vita di Marco Vattani, anni 45, che sul palco smette occhiali e toni diplomatici, arrotola le maniche della camicia nera sulle braccia tatuate. E torna a essere Katanga. Come quando «in caso di manifestazioni “difficili” in altre città  si partiva e si andava a dare una mano e io, in pullman, cantavo sempre “La canzone del mercenario”, che inizia con “Son morto nel Katanga, venivo da Lucera, avevo quarant’anni e la fedina nera”…». Lo spiega così, il suo soprannome, che arriva dagli anni Ottanta. Spedizioni punitive e rock «identitario», cantante in una band che è tutto un programma, fin dal nome: «Gli Intolleranza erano un ibrido tra la scena skin e quella politica, furono loro a introdurre nel nostro ambiente il pogo», ricorda Flavio Nardi, che nella vita fa l’architetto ma soprattutto gestisce Rupe Tarpea, etichetta discografica «di genere», fin dal 1993: la mia forma di militanza politica». A destra, anzi all’estrema destra. 
Un po’ come Katanga, che evita denunce e incriminazioni, nel periodo in cui vengono sciolte (o si sciolgono) organizzazioni neofasciste come Movimento Politico e Meridiano Zero e anche in Italia giunge (prima in Veneto, poi proprio a Roma) l’ondata nazi-skin. Inizia il periodo «metapolitico», non meno violento: pestaggi e rock, ma con un occhio agli studi e alla carriera. Sempre o quasi dalle parti di Alemanno, segretario del Fronte della Gioventù ai tempi di Nardi, Vattani e tanti altri. «Facevamo azioni di rottura e manifestazioni come quella contro la visita di Bush padre, quando ci scontrammo con la polizia, che arrestò Alemanno e altri camerati». Ricordo di Nico, camerata e musicista anche lui, chitarrista di SottoFasciaSemplice oltre che della band più importante della «scena». ZetaZeroAlfa: i loro slogan sono sulle magliette dei ragazzi davanti al palco: “Nel dubbio mena”, “Rose rosse dalle camicie nere” e l’immancabile “Cinghiamattanza”. E non è un caso che quella sera alla “Tana delle Tigri”, il ruolo di protagonista musicale Katanga lo divida proprio con Gianluca Iannone, leader di Casa Pound, oltre che cantante di ZetaZeroAlfa. La musica dunque, per il «fascismo del terzo millennio», basta con i cantautori della tradizione nera e dentro il rock. E basta “nascondersi”. Così, una sera alla “Tana delle Tigri”, il diplomatico Vattani si è rimboccato le maniche della camicia nera…


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