Tornano le «Ricette della Fame» l’ironica Saggezza della Gente greca

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Si tratta di una serie di consigli che la storica Eleni Nicolaidou ha trovato sui giornali di Atene nel periodo 1941-1944, durante l’occupazione nazista, e li ha riprodotti nel suo saggio. Pubblicato all’inizio del 2011, quando i morsi della crisi erano già  sanguinosi, il libro è diventato un best seller, come scrive Il Foglio. Realtà  e ironia sembrano coniugarsi nel volumetto, che ha pescato sulle prime pagine dei giornali dell’epoca: tra i quali Kathimerini, che è rimasto anche adesso il giornale più autorevole del Paese, e Athinaikai Nea, che oggi è diventato Ta Nea ed è il quotidiano più venduto.
I consigli su come affrontare la fame sono dettagliatissimi. Per esempio, se il prezzo della carne è inavvicinabile, ci si può accontentare di una melanzana e masticare lentamente per garantirsi almeno la sensazione di avere lo stomaco pieno. In tempo di guerra, e anche successivamente, durante gli anni del sanguinoso conflitto civile, quando la gente moriva di fame e crollava per strada, i giornali elencavano con meticolosa serietà  come raccogliere e conservare le briciole di pane o le estremità  dei fagiolini per preparare la zuppa. Ma se, settant’anni fa, il consiglio era una specie di quotidiano vademecum della sopravvivenza, oggi il libro della Nicolaidou rivela quello che molti ateniesi rassegnati temono come l’incubo prossimo venturo: un 2012 che potrebbe anche essere ancor più drammatico dell’anno che sta per chiudersi.
Qualche segnale di disperazione è palese. È drasticamente diminuito il consumo di carne, ed è cresciuto quello di verdura e ortaggi, magari comprati nei mercati rionali prima della chiusura; gli stipendi e le pensioni sono stati falcidiati; le case di proprietà  sono state colpite da una nuova tassa, che arriva con la bolletta della luce; la tredicesima è evaporata; i negozi sono semivuoti; i consumi sono crollati. Per fortuna non è scomparsa l’ironia, diffusa a piene mani dal più seguito talk show serale. «Toglieteci tutto, non il sorriso», dicono i greci. Tutta la nostra comprensione.


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    VORREI cominciare da una domanda: voi sapete che cos’è un ergastolo ostativo? Non è un espediente retorico: io stesso, che mi picco di conoscere le faccende penitenziarie, ho appreso solo di recente che esiste, dal 1992, una cosa che si chiama ergastolo ostativo. In breve, vuol dire che per certi reati ritenuti di particolare gravità  è esclusa senza riserve l’eventualità  che la pena carceraria finisca, o si muti in pene, come si dice, alternative: niente permessi, niente lavoro esterno, niente riduzioni di pena per buona condotta – come si potrebbe ridurre una pena che si decreta senza fine? Quel genere di condanna all’ergastolo “osta” a qualsiasi modificazione, per quanto tempo passi e per quanto cambi la persona condannata. Se questa, come immagino, è per i più una notizia, lo è tanto più perché contraddice quel luogo comune così spesso e disinvoltamente ripetuto secondo cui «l’ergastolo in Italia non esiste», «dopo un po’ di anni escono tutti».

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