I “guardiani del mare” diventano resort la seconda vita dei fari in Sardegna
CAGLIARI – Da finestre sul mare testimonianza di un passato carico di ricordi ad affascinanti location per alberghi unici, resort esclusivi, altri servizi turistici. Per 13 grandi fari della Sardegna si chiude la pagina di guide per il controllo della navigazione. E se ne apre un’altra: la concessione a privati per l’industria delle vacanze, sotto la vigilanza della Conservatoria regionale delle coste. Un’opportunità che, se gestita correttamente sul piano di uno sviluppo eco-sostenibile come raccomandano i naturalisti, potrebbe riservare enormi soddisfazioni. Magari per rilanciare edifici spesso sottoutilizzati o abbandonati, E forse per trasformarli in paradisi affacciati su alcuni degli scorci più suggestivi del Mediterraneo.
Ma che cosa ha reso possibile proprio adesso un progetto che da molte parti veniva incoraggiato da tempo? La decisione, maturata alla Regione Sardegna, è legata a a un tipo di relax alternativo che riscuote consensi. Inseriti nel programma, in tutto, 13 siti con fari, semafori, torri costiere, immobili, infrastrutture. Edifici a volte alti parecchie decine di metri e grandi come una palazzina di 4-5 piani. Spesso risalenti al secolo scorso e, se più antichi, comunque ristrutturati dopo la Seconda guerra mondiale. Tutti di proprietà dell’amministrazione sarda, attraverso il demanio regionale, rappresentano all’incirca un terzo dell’intero patrimonio dell’isola. Se alcuni fari sono ancora attivi, anche per scopi militari, quelli inseriti nell’elenco vengono ora affidati alla Conservatoria per la gestione con una delibera appena varata dalla giunta di centrodestra guidata da Ugo Cappellacci. Tra gli immobili, spiccano i fari di Santa Maria (una delle sette isole dell’arcipelago della Maddalena), Razzoli (altra isola vicina, sempre nelle Bocche di Bonifacio), Capo d’Orso (Palau), Capo Mannu (San Vero Milis) e Torregrande (Oristano), oltre che le ex stazioni segnali-semaforiche di Punta Scorno (all’Asinara), Capo Sperone (Sant’Antioco), Capo Sant’Elia (Cagliari), Testiccioli (La Maddalena) e Capo Figari (Golfo Aranci).
Per questi siti, una volta restaurati con procedure che rispettino le caratteristiche storiche e il contesto paesaggistico, dovranno essere individuate destinazioni d’uso per attività economiche o di servizio ai cittadini. Per la loro gestione è possibile ricorrere agli strumenti della riconversione e riqualificazione dei beni immobili previsti nella normativa regionale. La concessione dovrà avere una durata commisurata al raggiungimento dell’equilibrio economico-finanziario dell’iniziativa. Con canoni allineati ai prezzi di mercato. E modulati, come si spiega ancora nella delibera, secondo criteri che consentano il pareggio degli investimenti.
La nuova politica nel settore è seguita con particolare interesse nell’isola. E non soltanto dagli ambientalisti, che hanno già manifestato la loro volontà di vigilare per evitare speculazioni o abusi. Sono tanti gli operatori che potrebbe vedere nell’occasione possibilità di rilancio. Anche perché, come accade per esempio nel caso della Maddalena e dell’Asinara, i fari si trovano al centro di parchi naturali dove l’edificazione è bloccata. Avere la possibilità d’investire nel turismo in luoghi conosciuti in tutto il mondo per la straordinaria bellezza si presenta dunque come una chance davvero unica. Non mancano così, soprattutto in Gallura, proteste e contestazioni da parte di amministratori locali che avevano individuato per i fari opportunità di utilizzo differenti.
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