Stranieri triplicati, pochi ragazzi Ecco l’Italia fra mezzo secolo
ROMA — Immaginate di essere in una macchina del tempo e di andare avanti di cinquant’anni. Guardate l’Italia: il vostro Paese è profondamente cambiato. Quasi una persona su quattro fra quelle che girano per le strade è un immigrato. E quelle strade sono piene di persone anziane: una persona su tre ha più di 65 anni. Pochi i ragazzini in giro: soltanto uno su dieci, o poco più, ha meno di 14 anni. Non è un sogno: sono le previsioni dell’Istat.
Un lavoro statistico realizzato mettendo in campo variabili scientifiche per disegnare l’Italia nel 2065. Saremo un po’ di più, 61,3 milioni di persone (una media ponderata calcolata fra un minimo di 53,5 e un massimo di 69,1 milioni) e lo saremo grazie al flusso migratorio, costante. Nel 2065 gli immigrati in Italia triplicheranno, passando dall’attuale 7,5% a un totale di 22-24% della popolazione.
Fosse per gli italiani, invece, il numero degli abitanti continuerebbe a diminuire, e anche velocemente: l’evoluzione della popolazione naturale per il 2065 ha infatti una dinamica negativa pari a 11,5 milioni (ovvero la differenza fra 28,5 milioni di nascite e 40 milioni di morti). Positivo, invece, il saldo degli stranieri immigrati in Italia: per 7,5 milioni di nuovi nati ci saranno nel 2065 2,3 milioni di morti. Ed ecco che la presenza degli immigrati in Italia passerà dagli attuali 4,6 milioni a 14,1 milioni (con una forchetta statistica di previsione che oscilla tra un minimo di 12,6 e un massimo di 15,5 milioni).
Saremo di più, saremo più multietnici. E, soprattutto, in Italia saremo sempre più vecchi. Non basta per questo dire che l’età media della popolazione aumenterà un po’ ovunque (49,7 anni la media nazionale contro gli attuali 43,5) con punte nel Sud dell’Italia dove la popolazione invecchierà più che altrove, nove anni in cinquant’anni, e nel 2065 si arriverà a una popolazione con età media 51 anni contro gli attuali 42. Molto meno variabile la situazione demografica del Nord dell’Italia dove si arriverà a un’età media di 49 anni contro gli attuali 44.
Non rende nemmeno al meglio l’idea dire che da qui al 2065 gli ultrasessantacinquenni diventeranno il 33 per cento della popolazione. Il punto nodale per capire l’effetto pratico di questo invecchiamento della popolazione è un altro.
È una cifra, una percentuale che l’Istat chiama l’indice di dipendenza degli anziani, ovvero il rapporto tra la popolazione di ultrasessantacinquenni e la popolazione in età attiva, cioè fra i 15 e i 64 anni.
Oggi questo rapporto è pari al 30,9%. Raddoppierà nel 2065, arrivando al 59,7%. Tradotto vuole dire che se oggi c’è un ultrasessantacinquenne ogni due cittadini cosidetti attivi, cioè in età lavorativa, fra cinquant’anni la proporzione si invertirà e due anziani potranno far conto soltanto su un cittadino attivo.
Del resto i saldi troppo sbilanciati fra le nascite e i decessi nel nostro Paese (nonostante i saldi attivi degli immigrati) non possono che dare questi risultati demografici. Ecco quindi che crollerà la presenza dei ragazzini.
Se le previsioni dell’Istat verranno rispettate non ci sarà che il 12,7 per cento di abitanti con meno di 14 anni nel 2065, ovvero poco più di 7 milioni in totale. A trascinare al ribasso queste percentuali saranno i bambini del Mezzogiorno d’Italia dove la loro presenza va a picco, passando dagli attuali 2,1 a 1,3 milioni. Stesso crollo nelle isole: da 1 milione di oggi a 600 mila nel 2065.
Inevitabili, viste le cifre, le ricadute che si avranno nelle percentuali della forza lavoro. Lo abbiamo già detto: il rapporto fra i cittadini attivi e gli anziani invertirà le sue proporzioni. Ma anche in numero assoluto diminuirà notevolmente la percentuale di cittadini in età di lavoro, almeno per quella che oggi viene considerata l’età attiva del lavoro, ovvero fra i 15 e i 64 anni.
Oggi i cittadini attivi sono il 65,7% del totale. Secondo l’Istat ci sarà una riduzione di questa fascia di età contenuta in un medio termine, mentre sarà ben più accentuata nel lungo periodo. Per capire: nel 2026 i cittadini con età compresa fra i 15 e i 64 anni saranno il 62,8%, ma nel 2065 toccheranno il picco negativo del 54,7%, ovvero meno 11% rispetto agli attuali.
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