Grecia. Le vittime collaterali: raddoppiano i suicidi

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I disastri causati dalle crisi economiche non si misurano solo con i bilanci in rosso e con i soldi perduti dalle persone, dalle aziende e dagli Stati. Il computo dei morti e dei feriti comprende anche migliaia di casi di depressione psicologica, alcolismo, famiglie distrutte, disordini mentali, e anche suicidi, a seguito di perdita del posto di lavoro, fallimento d’impresa o un altro peggioramento traumatico delle prospettive di vita. Il suicidio, in prima battuta, sembra l’atto più individuale che ci sia; ma se in un anno di recessione economica in Grecia il tasso di suicidi è aumentato del 40% (il 40% in un solo anno!) è difficile negare che ci sia una relazione fra i due fenomeni, per quanto impossibile sia esaminare uno per uno i singoli casi e dire con certezza che sì, quella determinata persona si è tolta la vita per cause economiche e non per altro. Le vicende individuali si possono discutere all’infinito senza arrivare mai a conclusioni, ma i numeri aggregati, nella loro tragica freddezza, non ingannano. La Grecia storicamente è stata fra i Paesi più felici d’Europa. Come si fa a misurare la felicità ? Ovviamente non si può, a voler essere rigorosi, però gli scienziati sociali quando c’è da misurare qualcosa che di per sé non è misurabile sono abituati ad avvicinarsi all’obiettivo conteggiando alcuni indicatori correlati; nel caso della felicità , uno di questi indicatori è il tasso dei suicidi, che (appunto) nell’Ellade è sempre stato molto basso. Tre anni fa era di 2,8 casi all’anno ogni centomila abitanti. Ed è basso persino oggi, nella media europea, ma purtroppo in tre anni è raddoppiato a circa 5,5. Sarà  un puro caso, una mera fluttuazione statistica? Non ci crederebbe nessuno. Dice la psichiatra Eleni Beikari, responsabile in Grecia di un centralino di aiuto (Klimaka) che risponde 24 ore su 24: «Non è mai una causa singola a scatenare pensieri suicidi, ma quasi sempre le persone che ci telefonano e dicono che stanno pensando di togliersi la vita parlano di debiti o di lavoro che manca o che si teme di perdere». Klimaka prima della crisi riceveva in media 10 richieste telefoniche di aiuto al giorno, adesso il numero è decuplicato a cento. A uccidersi o a tentare di farlo sono tanto i lavoratori disoccupati quanto gli imprenditori che non riescono a pagare i debiti. Quasi ci fosse una dolorosa equità  nella distribuzione dei sacrifici.


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