La carica dei dipendenti di Roma. Sono 62 mila e crescono ancora

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ROMA — C’è un’azienda locale che quanto a occupati se la gioca con le più grandi imprese nazionali pubbliche e private. È il Comune di Roma. Dall’alto dei suoi 62 mila dipendenti (stima per difetto), non teme confronti con colossi bancari del calibro di Intesa San Paolo, che ne occupa 70 mila entro i confini nazionali, e arriva a guardare dall’alto perfino la Finmeccanica, che tocca i 45 mila. Per non parlare dell’Enel. I 37.383 dipendenti che il gruppo elettrico ha in Italia eguagliano il numero di quelli (37 mila secondo una valutazione contenuta nel sito Internet di Roma Capitale) che lavorano nelle società  controllate o partecipate dal Campidoglio. Una cifra già  di per sé sbalorditiva, ma che va ad aggiungersi ai 25.141 stipendi pagati direttamente dal Comune. Resta il dubbio se a questa cifra si debbano poi sommare le 1.409 persone che nel 2008 risultavano «fuori ruolo»: in tal caso si andrebbe ben oltre il totale di 62 mila. Che è comunque un numero enorme. Per avere un’idea, sono gli abitanti di una città  come Viterbo.
Vero è che in base alla pianta organica il solo Comune dovrebbe retribuire oltre 5 mila persone in più. Ma è altrettanto vero che il numero dei dipendenti del Campidoglio, escludendo ovviamente quelli delle società  partecipate, risulta nettamente superiore alla media nazionale. Secondo l’Ifel, il centro studi dell’Associazione dei Comuni, in tutta Italia i dipendenti comunali sono 459.591, con una proporzione di 7,59 per ogni mille abitanti. A Roma ce ne sono invece 9,10.
Si potrà  ribattere che stiamo parlando della capitale del Paese, con esigenze certamente non paragonabili a quelle dei piccoli centri. E che, per fare il caso di un’altra grande città , i dipendenti del Comune di Milano non sono meno dei romani, in proporzione agli abitanti. Al 30 settembre del 2010 erano 16.097, cioè 12,15 per ogni mille abitanti. Ma con una differenza, in confronto al Campidoglio. Perché in quattro anni i dipendenti comunali di Milano sono diminuiti di quasi 1.500 unità . Mentre a Roma, al contrario, gli organici hanno continuato a gonfiarsi. Soprattutto nelle municipalizzate.
Il Comune di Roma ha 21 partecipazioni dirette in società  e altri organismi. Ma il portafoglio è molto più grosso. Perché attraverso le proprie società  il Campidoglio detiene altri 140 pacchetti azionari. In una galassia tanto vasta c’è posto per tutto. Perfino per una compagnia assicurativa: la Adir, Assicurazioni di Roma. Caso unico in tutta Italia, dove anche lo Stato ha abbandonato questo settore da un bel pezzo.
E poteva allora mancare una società  costituita appositamente per capire quello che succede nelle municipalizzate? È stata creata nel 2005 (sindaco Walter Veltroni) con il compito di analizzare i documenti e i programmi aziendali. Ragion per cui al suo amministratore Pasquale Formica, già  capo dello staff dell’ex assessore al Bilancio Maurizio Leo, difficilmente può essere sfuggito quanto accaduto in questi ultimi anni. Da quando si è insediata l’amministrazione guidata da Gianni Alemanno le assunzioni sono andate avanti a passo di carica. Le cronache dei giornali si sono a lungo soffermate sulla «parentopoli», com’è stata battezzata la stagione che ha visto approdare nelle società  della Capitale stuoli di congiunti, amici o colleghi di politici e sindacalisti. Senza che però sia mai stata fatta realmente chiarezza sulle dimensioni di un fenomeno, di cui quella «parentopoli» era solo l’aspetto più patologico, che ha distinto negli anni della crisi il Comune di Roma come l’unica grande azienda italiana che assumeva a quei ritmi. Altro che blocco del turnover nel pubblico impiego: porte sbarrate (o quasi) nei ministeri, porte spalancate nelle società  per azioni comunali.
Si può calcolare che il personale delle aziende che fanno comunque capo al Campidoglio sia cresciuto dal 2008 al 2010 di almeno 3.500 unità . Alla fine dello scorso anno l’Atac aveva 12.817 dipendenti: numero paragonabile a quello dell’Alitalia. Rispetto a due anni prima ce n’erano 684 in più, e a dispetto di una situazione economica da far accapponare la pelle. Dal bilancio consolidato 2010 emergeva chiaramente un buco dell’ordine di grandezza di un miliardo di euro. A 701 milioni di perdite «portate a nuovo», cioè accumulate negli anni precedenti e mai ripianate, si sommava una perdita d’esercizio di 319 milioni. E questo a fronte di un capitale sociale di 300 milioni.
I dipendenti dell’Ama, l’azienda che si occupa della raccolta dei rifiuti, erano invece 7.840. In due anni l’incremento è stato del 24%: fra il 2008 e il 2010 gli organici sono aumentati di 1.518 unità . Nel bilancio dello scorso anno figuravano crediti verso utenti e aziende per la tassa sui rifiuti non pagata per la bellezza di 743 milioni di euro: poi svalutati a «soli» 436 milioni. I debiti con le banche toccavano 620 milioni, che per un’azienda che non si occupa dello smaltimento finale e non ha quindi il problema degli investimenti relativi non è certamente uno scherzo. Sempre al 31 dicembre del 2010 i dipendenti della Roma Multiservizi, quasi tutti operai precari, erano diventati 3.683, ovvero 68 in più del 2008. È una società  che ha in appalto alcuni servizi particolari, come la pulizia delle scuole. Il Comune di Roma ne controllava attraverso l’Ama il 36%, in società  con due soggetti privati. Si tratta della Manutencoop (Lega delle cooperative) e della Veneta, ciascuna titolare del 32%. Ma secondo il sito della società , consultato ieri, la quota del Campidoglio sarebbe ora salita al 51%.
I posti di lavoro sono aumentati anche all’Acea, l’azienda dell’elettricità  e dell’acqua, l’unica quotata in Borsa e ancora controllata dal Comune di Roma. Alla fine del 2010 erano 435 in più a confronto con il 2008. La società  amministrata da Marco Staderini, ex presidente dell’Inpdap stimatissimo dal leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini, paga 6.822 stipendi. Non tutti in Italia. Qualcuno a Santo Domingo, dove ha sede l’Acea Dominicana, qualche altro in Colombia, dove si trova il quartier generale di Aguazul Bogotà … Anche se il motivo per cui una municipalizzata controllata dal Comune di Roma debba andare a investire dall’altra parte dell’Oceano Atlantico continua a rimanere uno dei più grandi misteri del nostro tempo. Del resto, anche l’Ama non aveva forse tentato l’avventura internazionale, andando incontro a una disfatta in Senegal, dove la raccolta dei rifiuti nella capitale Dakar è costata svariati milioni ai contribuenti romani?
Soltanto considerando le tre principali aziende del Comune, Atac, Ama e Acea, si totalizzano 27.479 posti di lavoro: 2.637 in più rispetto al dicembre del 2008. La crescita è del 10,6%. Nessuna società , però, ha battuto il record inarrivabile di Risorse per Roma. È l’«advisor», testuale dal sito Internet aziendale, «dell’amministrazione capitolina nelle attività  di supporto per la realizzazione dei progetti di pianificazione territoriale urbanistica, rigenerazione urbana e valorizzazione immobiliare, promozione dello sviluppo locale e marketing territoriale…». Ebbene, per svolgere questa missione cruciale ha a libro paga 565 persone. Ben 338 (il 148,9%) più di quante ne avesse nel 2008, quando i dipendenti erano 227.


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