l’Obiettivo dei Mediatori in Siria Impedire una Guerra di Religione

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Tale situazione rafforza i timori di un dissolvimento confessionale e di un confronto sanguinoso lungo i confini settari delle numerose comunità  religiose che vivono in Siria. L’opposizione antigovernativa si fa forza del sostegno sunnita dei tanti disertori ai confini con la Turchia, dei manifestanti di piazza e forse, dai giorni scorsi, dell’intervento qaedista che ha rivendicato gli attentati di Damasco affermandone la loro funzione anti-sciita e anti-Iran. La politica della famiglia Al Assad, all’insegna della difesa e cooptazione delle tante minoranze religiose interne, rischia di esporle tutte quante ai desideri di rivincita della maggioranza sunnita e agli appetiti della militanza islamica internazionale. La comunità  sciita alauita, a cui appartiene la famiglia Al Assad, sarà  la prima a pagare la violenta repressione di questi mesi. La minoranza cristiana vive con pari apprensione il precipitare della situazione e sa che una rivincita sunnita, magari con aiuti di stampo salafita, potrebbe costare molto cara e determinarne il dissolvimento. 
Con l’Iraq ai confini sul punto di esplodere in un simile conflitto con coloriture settarie e confessionali, e dove la maggioranza sciita attende la sua rivincita, la Siria può aprire un ulteriore spazio di instabilità  e di sanguinosi regolamenti dei conti. E con risultati, al di là  degli effetti politici inevitabili, non meno gravidi di conseguenze per gli assetti religiosi della regione: un solco sempre più profondo tra sunniti e sciiti, e la fine tragica di comunità  cristiane dalle tradizioni millenarie.


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