Tarantini: è tempo di una nuova alleanza Pisapia e Paroli ora devono decidere
Come avete superato lo stallo delle ultime settimane?
«Edf ha capito che dietro la proposta di rilevare tutta Edipower i soci italiani erano compatti. Una parte importante l’ha giocata anche il governo, preoccupato di salvare gli asset industriali del Paese. Il ministro Passera si è mosso in modo molto discreto e ha recuperato un rapporto positivo con i francesi. Passera conosceva bene il dossier da quando era alla guida di Intesa Sanpaolo. E poi c’è stato l’ottimo lavoro del nostro management che ha trattato duramente in tutti questi mesi».
A luglio il tentativo di una cordata italiana per Edipower però fallì.
«Allora c’erano valori diversi. Quando Edf ha spinto per abbassare il valore degli asset termoelettrici ed accollarci la quota maggiore del debito di Edipower (800 milioni di euro su 1,1 miliardi, ndr) perché noi avremmo rilevato le centrali idroelettriche in questo momento più redditizie, si è aperto uno spiraglio nella trattativa e abbiamo proposto di prendere tutta la società in cambio della nostra quota in Edison».
Alla fine i francesi hanno ceduto.
«Anche all’interno di Edf probabilmente non c’era una posizione univoca. C’è stata una svolta quando Proglio è entrato in modo definitivo nella trattativa, cogliendo il fatto positivo che la semplificazione della governance di Edison sarebbe stato un valore per i francesi».
I soci italiani come provvederanno al debito di Edipower?
«È un tema, ma avremmo comunque dovuto rifinanziarlo. In più c’erano i 600 milioni del debito di Transalpina di Energia (il veicolo con cui Delmi ed Edf controllavano Edison, ndr). La posizione finanziaria netta peggiora un po’ ma è migliore la marginalità . Dipende dal dopo, se tutti i soci di Delmi accompagneranno l’operazione, ma noi siamo fiduciosi».
Il fronte italiano si è sempre contraddistinto per una certa litigiosità e per vedute discordanti. E ora?
«Con questo accordo tutte le realtà italiane in gioco hanno trovato una convergenza al di là del colore politico, hanno capito che l’interesse aziendale non era contrapposto a quello del Paese. E di questo sono molto contento. Abbiamo buttato il cuore oltre l’ostacolo. Ora ci si deve mettere subito al lavoro per valutare le operazioni successive».
Il ministro Passera ha auspicato che in futuro le utility locali si aggreghino per diventare più forti e competitive. Nascerà la superutility con la nuova Edipower?
«Dopo l’accordo, Edipower vedrà Delmi al 70%, A2A al 20% e Iren al 10%. I partner industriali fondamentali restano A2A e Iren. Vanno fatte sinergie importanti. Nel settore elettrico l’unione fa la forza. La superutility ha un suo senso. Però quelle che saranno le scelte lo decideranno gli azionisti».
I Comuni di Milano e Brescia non sembrano andare molto d’accordo su A2A.
«Milano e Brescia dovranno sedersi attorno a un tavolo e decidere cosa fare di A2A. Dovranno tenere conto del cambiamento del mercato e il settore elettrico ne risente più degli altri. Dovranno probabilmente ridisegnare la mission dell’azienda e trovare le persone più adatte. Indietro non si può tornare. Ora è un grande veliero che fa paura ma che può navigare negli oceani».
Le realtà locali da Milano a Brescia, Torino, Genova e Bologna, sono pronte per aggregarsi?
«Le aziende devono rispondere a quello che chiede il mercato e nel settore elettrico sono necessari maggiori dimensioni e un mix diversificato delle fonti. E questo anche per rispondere alle esigenze degli azionisti che richiedono investimenti sui territori e dividendi certi. Ora serve un piano industriale serio che faccia capire ai Comuni che la coesione è l’unica strada per avere profitti futuri».
Rimpianti per l’accordo di marzo?
«Quell’intesa era in itinere, aveva aperto il problema della way out. Certo avrebbe avuto sui conti un impatto più positivo ma restava il nodo della governance in Edison. Oggi invece abbiamo un mix di asset più credibile per il futuro di un’azienda che vuole competere in campo energetico: siamo più completi».
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