Ancora un po’ di Intifada pacifica nei territori occupati dal Marocco

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TIFARITI (RASD) 
Sarà  ancora Mohamed Abdelaziz a guidare la Republica Arabe Saharaui Democratica. Lo farà  per altri quattro anni, all’insegna dell’apertura ai giovani e dell’intifada pacifica nei territori occupati dal Marocco nel 1975. Un verdetto su cui, per la verità , erano pochi i dubbi alla vigilia, quello decretato dal 13° Congresso del Fronte di liberazione popolare di Saguia el Hamra e del Rio de Oro (Polisario) che si è tenuto a Tifariti, nei territori liberi della Rasd, tra il 15 e il 21 dicembre scorsi. Sui circa 2100 delegati riuniti nella località  desertica, 370 chilometri a est di Al Aaiun occupata, 1622 (il 66 %) hanno esercitato il loro diritto di voto, tributando un plebiscito di voti alla rielezione di Abdelaziz: 1551 i sì, nessun voto contrario, 39 schede bianche e 32 voti non validi. 
Dopo 35 anni ininterrotti di leadership, insomma, il sessantaquattrenne Abdelaziz si accinge ad iniziare il suo undicesimo mandato, sia come presidente della Rasd che come segretario generale del Fronte Polisario. «Lo stato indipendente saharawi è l’unica soluzione – commenta, citando lo slogan che ha contraddistinto il Congresso – è necessario premere sull’acceleratore per trovare una soluzione a questa crisi che dura ormai da troppi anni. Per la prima volta si è aperto un dibattito interno, con i nostri giovani , specie quelli provenienti dai campi profughi di Tindouf, nel sud dell’Algeria. Sono impazienti, ci chiedono un ritorno alla lotta armata. Io non potrò limitare a lungo questa impazienza, che non è solo dei giovani, ma di tutto il popolo saharawi. Al momento serve una strada per allontanare la guerra e dare più tempo alla diplomazia».
Quattro i punti cardine del nuovo programma presidenziale. Innanzitutto l’intifada por la indipendencia, la lotta pacifica contro l’occupazione marocchina, che ha visto il suo apice nella grande protesta che, a cavallo tra ottobre e novembre dello scorso anno, è andata in scena a Gdeim Izik, circa 12 km a est di Al Aaiun occupata. In quell’occasione furono almeno 25 mila i saharawi che si ritirarono in un accampamento, prima che l’esercito marocchino lo mettesse a ferro e fuoco, provocando un numero tuttora imprecisato di morti, feriti e desaparecidos. Nel 2009 era stato lo sciopero della fame della nota attivista Haminetu Haidar a catalizzare per una volta l’attenzione sul Sahara Occidentale. Oggi il Congresso prende atto dell’importanza della lotta in atto al di là  del muro de la verguenza costruito dal Marocco e interamente minato, per tagliare in due il Paese. «Per la prima volta – spiega Abdelaziz – abbiamo 54 delegati provenienti dalle città  occupate. E abbiamo istituito un Comitato per l’intifada, sul quale riponiamo i nostri migliori auspici». 
Ma non c’è solo l’approccio pacifista. Il Polisario ha intenzione anche di rafforzare le proprie capacità  militari, oltre che l’attività  di comunicazione, specie nei confronti della comunità  internazionale e della diaspora. «Siamo stati carenti in questi anni su questo versante – ammette Abdelaziz – ora è tempo di migliorare anche questo aspetto della lotta, che si è dimostrato così importante quest’anno durante la lunga “primavera araba” in tutto il Nord Africa». Infine, resta la diplomazia per una soluzione pacifica alla crisi, da ricercare ancora assieme all’Onu. Malgrado le fronde più giovani del movimento di indipendenza del popolo saharawi, siano ormai scettiche.
Si tratta di ragazzi tra i 20 e i 30 anni, per lo più educati all’estero, che hanno dato vita ad alcuni movimenti la scorsa primavera, come ad esempio la Juventud de la Revolucià³n Saharaui, che fa capo alla rivista Futuro Sahara. «Servono riforme in ambito elettorale, amministrativo e giudiziario» si legge nel loro manifesto online. 
Un accenno di “primavera araba” giunto fin nel cuore del deserto, dove, però, non c’è un dittatore da abbattere, ma un nemico comune: l’invasore marocchino, che dal 1975 continua a giovarsi delle risorse naturali di questo scampolo di deserto affacciato su uno dei tratti più pescosi dell’Oceano Atlantico. Un importante segnale è giunto dal Parlamento europeo che, proprio il 15 dicembre, in concomitanza con il Congresso a Tifariti, ha rigettato gli accordi di pesca stretti dal Marocco: 326 no, 296 favorevoli e una cinquantina di astenuti. «Un messaggio chiaro – commenta Abdelaziz – ora speriamo che si prosegua su questa via».


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