Oman, i pirati tornano a colpire sequestrata una nave italiana

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ROMA – La moglie del comandante resta in silenzio. Pochi secondi, il tempo di ascoltare la notizia che il giornalista le sta comunicando. Poi inizia ad urlare. Uno sfogo che si scaglia contro tutti e tutto. Governo e Stato italiano in testa. «È una vergogna. Nessuno dello Stato italiano ci ha chiamato o si è fatto sentire. Loro stanno al caldo, con le loro famiglie. Noi, qui, a impazzire di paura e di tensione». Sono da poco passate le 13 di ieri. 
Rita, moglie del comandante Agostino Musumeci, al timone della “Enrico Ievoli”, un cargo della compagnia armatoriale napoletana Marnavi SpA assaltato e conquistato all’alba da un gruppo di pirati al largo dell’Oman, ha il cuore che le batte all’impazzata. La notizia l’ha appresa dai media che adesso continuano a chiamare per registrare reazioni e avere dettagli sull’equipaggio.
Ma le notizie sono già  in rete: i bucanieri del nuovo secolo hanno ripreso ad agire. Anzi, non hanno mai smesso: la pirateria è un business che produce miliardi. E questa volta hanno centrato l’obiettivo. Salpata dal porto di Fujairah, negli Emirati arabi uniti, con un carico di 15.750 tonnellate di soda caustica, la nave era diretta nel Mediterraneo. A bordo ci sono diciotto uomini di equipaggio: sei italiani, cinque dei quali siciliani, cinque ucraini, sette indiani. Navigava al largo dell’Oman ma quando ha imboccato il Golfo di Aden ha virato verso terra e ha affrontato quella che le compagnie assicurative di tutto il mondo considerano una «zona di guerra», simile all’Iraq e all’Afghanistan. Come avviene spesso, due barchini zeppi di pirati armati di Rpg e fucili Ak-47 hanno approfittato della prime luci dell’alba e hanno sferrato l’arrembaggio.
La “Enrico Ievoli” non aveva personale di sicurezza a bordo e non era provvista della “cittadella”, quella zona fortificata tra la plancia di comando e la sala macchine dove è possibile rinchiudersi, bloccare la timoneria e ridurre al minimo i motori. In un paio d’ore, il guerriero addetto all’assalto era già  salito in coperta e teneva sotto tiro l’intero equipaggio. Farsi affiancare dal resto della squadra è stato un gioco da ragazzi. 
Il comandante Edoardo Musumeci ha potuto solo attivare il segnale d’allarme che è stato raccolto dal Comando delle capitanerie italiane. Una volta saliti a bordo, i banditi gli hanno ordinato di chiamare la sede della compagnia: «I pirati sono qui, noi tutto bene», ha annunciato il comandante. Sono scattate tutte le procedure previste in questi casi. L’unità  di crisi della Farnesina ha avviato un canale, il ministro degli Esteri Giulio Terzi ha comunicato, via Twitter come è suo costume, che segue da vicino il sequestro «con il riserbo necessario per favorire un esito positivo». Poi, per placare l’ansia e la rabbia dei familiari, la stessa Farnesina ha fatto sapere di aver preso contatto con i parenti dell’equipaggio. 
«Allarmati e solidali», i presidenti del Senato e della Camera Renato Schifani e Gianfranco Fini. Quest’ultimo, per prudenza, ha deciso di annullare la visita programmata il 30 dicembre alla nave militare italiana “Grecale” impegnata in pattugliamento nell’area. Troppa tensione, troppi rischi.
La signora Musumeci si calma, raffredda la sua rabbia. Il figlio si scusa per lo sfogo. Ora si tratta di attendere, di avviare una trattativa, di fissare tempi e modalità  del rilascio. Gennaro Ievoli e suo figlio Attilio, armatori della Marnavi, promettono: «Ce la faremo a portarli a casa. Senza neanche un graffio. È la nostra missione, ci conoscono, sanno che non molleremo l’osso facilmente».


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