Rassegnati alla fiducia

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ROMA – La manovra? «È un laccio emostatico». Bisogna votarla «ma con dolore», o si può non votarla «e senza alcun dolore». Il governo? «Lo appoggiamo senza impegno», «personalmente lo subisco», «definirlo democratico mi sembra un’esagerazione». E dunque la fiducia «non può essere una fiducia convinta», anzi «è una fiducia nonostante la manovra». Non è l’opposizione che parla, è la maggioranza. Sono frasi prese dai discorsi con i quali i senatori del Pdl e del Pd ieri hanno confermato l’appoggio a Mario Monti. Sopra tutti la sentenza di Silvio Berlusconi, pronunciata nel tribunale di Milano (processo Mills): «Abbiamo votato la fiducia perché è il male minore».
L’ultimo passaggio parlamentare del decreto che vuol salvare l’Italia è l’ennesima occasione per testare la distanza tra i partiti che dovrebbero costituire la spina dorsale dell’esecutivo Monti – il partito democratico e il popolo della libertà  – e il governo dei professori. Più passano i giorni, più aumentano le difficoltà  nei gruppi parlamentari e più si alza il livello dei distinguo. Ad ascoltarli, ieri, gli interventi dei senatori di maggioranza erano difficilmente distinguibili da quelli dei senatori della Lega o del partito di Di Pietro, i soli oppositori. L’unica differenza era che quelli di maggioranza alla fine annunciavano, a quel punto quasi inspiegabilmente, il voto favorevole. Facevano eccezione i rappresentanti del Terzo polo, gli unici veramente convinti di quello che stanno facendo. «Questo sembra un governo del Terzo polo con l’appoggio esterno di Pdl e Pd», ha detto a un certo punto il senatore rutelliano Bruno. «Noi – ha spiegato più cautamente Casini – cerchiamo di essere la cerniera di una maggioranza che non si può nascondere». Oggi il leader dell’Udc sarà  a colloquio con Monti, ma già  ieri intervistato da Sky ha fatto sapere che quella «cabina di regia» della maggioranza, formalmente rifiutata da Pd e Pdl, sostanzialmente esiste già : «Con Alfano e Bersani ci vediamo più di quanto pensiate, siamo sereni e tranquilli e lavoriamo».
La novità  è che il presidente del Consiglio ha deciso di passare al contrattacco di coloro che lo sostengono «a loro insaputa». È solo tattica, ha spiegato, intervenendo in conclusione del dibattito sulla fiducia. «Vorrei dire ai cittadini – ha spiegato in diretta tv – che l’appoggio che questo governo sta ricevendo dai partiti che lo sostengono è molto più grande di quello che i partiti stessi a volte lasciano credere o dichiarano». Un messaggio ai cittadini che, dal punto di vista di Monti, è utile però anche ai famosi mercati, quelli che non apprezzerebbero le titubanze della maggioranza nel sostenere le lacrime e il sangue. I partiti dunque bluffano, ha detto senza giri di parole Monti, e lo fanno per esigenze di propaganda: «Capisco benissimo che ci siano delle occasioni in cui i colloqui che hanno luogo, per esempio con il presidente del Consiglio, da parte delle forze politiche, che sono di grande appoggio, incoraggiamento e stimolo, vengano poi presentati esternamente piuttosto dal punto di vista del veto o della forte pressione». Non per caso giusto ieri i giornali riferivano la versione battagliera di Berlusconi e Bersani, reduci da due lunghi incontri a palazzo Chigi. «O ci consulta o si va a votare», assicurava il cavaliere ai suoi. «Il governo lo deve capire, altrimenti…» minacciava il segretario del Pd. Per Monti nulla di tutto questo era accaduto nel corso dei suoi cordiali colloqui. «Capisco benissimo le esigenze dei partiti con le rispettive basi», ha detto con una certa dose di veleno il professore. Poi, quasi come se si rivolgesse ai suoi scolaretti indisciplinati, ha aggiunto: «Andiamo avanti così, se ciò è utile».
Il professore, allora, più che per annunciare la partenza della «fase 2» del suo governo (quella della crescita) e più ancora che per riposizionarsi con i sindacati – «sarà  possibile procedere con uno stile di rapporto diverso con le parti sociali» – ha utilizzato il suo intervento a palazzo Madama per richiamare all’ordine la sua maggioranza. Certo, ha riconosciuto che i partiti «sostenendo questo governo hanno rinunciato in partenza a qualsiasi forma di cedimento al gusto della popolarità » (che è il suo modo di riferirsi al consenso popolare). Ma svelando il doppio gioco di Bersani e Berlusconi li ha avvertiti che non possono continuare così. In questo modo la corda tra il professore da una parte e la sua maggioranza dall’altra si tende sempre di più. Ma nessuna delle due parti mollerà  prima di essere sicura che sia l’altra a cadere. Come collaborazione è piuttosto armata e Monti – che ieri ha detto di essere «un tecnico ma non privo di sensibilità » – dovrà  sviluppare al massimo le sua abilità  politiche. Per riuscire, come ha detto Casini che è pur sempre l’allievo di Forlani, a «compatibilizzare le differenze». 257
sàŒ e 41 no. La manovra passa in senato e diventa legge. Favorevoli Pdl, Pd, Radicali del Pd, Terzo polo, Coesione nazionale e Mpa. Contrari Lega, Idv, Svp e Uv


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