Sugli armeni è rottura Ankara-Parigi
La crisi diplomatica tra Parigi e Ankara è stata causata da una legge, passata ieri all’Assemblea a larga maggioranza, che reprime «la contestazione o la minimizzazione grossolana dell’esistenza di uno o vari crimini di genocidio quando questi sono riconosciuti come tali dalla legge francese», con pene che possono andare fino a un anno di prigione e a 45mila euro di multa. La legge per entrare in vigore deve passare al Senato a maggioranza di sinistra, ma non ci saranno problemi. La Turchia ha reagito con violenza. La prima stesura del testo di legge faceva riferimento esplicito al genocidio armeno del 1915, perpetrato dall’impero ottomano. Finora in Francia era punito penalmente solo il negazionismo del genocidio degli ebrei, mentre esisteva una legge – la più breve della Repubblica – votata nel 2001 (con il socialista Jospin) che stabiliva che «la Francia riconosce pubblicamente il genocidio armeno nel 1915». Allora la Turchia per ritorsione aveva impedito ai caccia francesi diretti in Afghanistan il sorvolo del suo territorio e bloccando molti contratti economici. La nuova legge aggiunge l’aspetto penale alla dichiarazione di princìpi del 2001. Per la Turchia, la Francia ha compiuto un «tradimento della storia» e con la legge impedirebbe al «dibattito tra gli storici» di potersi sviluppare. In Turchia il genocidio armeno è stato a lungo negato, anche se ultimamente ci sono state «aperture», in parallelo con le trattative per l’adesione, sempre più lontana, alla Ue.
In vista delle elezioni
La Francia, invece, ha una tradizione di leggi dette «memoriali», con discussioni interne sulla loro opportunità . Anche nella maggioranza si sono levate voci contro la legge sul negazionismo del genocidio armeno. Il deputato Lionel Tardy, del gruppo di amicizia franco-turca, ha osservato: «che cosa diremmo se un paese straniero ci venisse a dire che cosa dobbiamo pensare sul massacro in Vandea e ci minacciasse di sanzioni?», aggiungendo la vera ragione della preoccupazione attuale di una parte del mondo politico francese, a cominciare dal ministro degli esteri Alain Juppé, che voleva evitare il voto: «Nessuno ha interesse a soffiare sul fuoco nella regione». La Turchia ha un ruolo importante nella crisi siriana e, finora, la Francia ha collaborato con Ankara su questo fronte. Una delegazione di uomini d’affari, ricevuta al Medef (Confindustria francese), ha messo in guardia Parigi sulle ritorsioni economiche. La Turchia è, al di fuori della Ue e della Svizzera, la terza destinazione dell’export francese. I princìpi etici avrebbero vinto su basse considerazioni economiche? La realtà è meno splendente. Ragioni di politica interna stanno dietro la precipitazione con cui è stata fatta approvare la legge: in primavera ci sono le presidenziali e il voto «armeno» (francesi discendenti da rifugiati armeni) «pesa» circa 2 milioni di voti. Sarkozy ha voluto anticipare Hollande, poiché i socialisti al Senato si preparavano a presentare una legge analoga.
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