L’articolo 18 non si tocca

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ROMA – Non è bastato accantonare il governo Berlusconi con il suo ministro pro-licenziamenti Maurizio Sacconi: anche sotto Mario Monti si riaccende la polemica sui licenziamenti e (un po’ ineditamente) riunisce i sindacati sotto lo stesso vessillo. «L’articolo 18 non si tocca», hanno gridato ieri all’unisono – dalla piazza dello sciopero del pubblico impiego – Susanna Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti, con il sostegno à  coté perfino dell’Ugl. La manovra che fa pagare molto i ceti medio-bassi e (pochissimo) i ricchi, gli annunci di modifica sulle attuali tutele «in uscita» della ministra Elsa Fornero ricompattano insomma Cgil, Cisl e Uil. Dall’altro lato, non poteva mancare la pronta risposta di Emma Marcegaglia, leader di Confindustria: «Basta con i tabù, noi siamo pronti alla riforma».
Il la lo ha dato Susanna Camusso, che in una lunga intervista al Corriere della Sera ha ribattuto punto per punto al «progetto Fornero», smontando anche l’impianto più generale della manovra firmata Monti, in particolare su fisco e pensioni. Poi, oggi, dallo sciopero, i tre leader sindacali hanno ripreso il microfono e hanno rincarato la dose. L’articolo 18 «non è un totem, ma una norma di civiltà », ha protestato la segretaria della Cgil. Anche se non si applica a tutti è un deterrente contro la discriminazione. Un paese democratico e civile non può rinunciarvi». 
«Vogliamo superare il dualismo rispetto ai precari? – ha continuato – Lancio una sfida: facciamo costare il lavoro precario di più di quello a tempo indeterminato e scommettiamo che nessuno dirà  più che il problema è l’articolo 18?». Sul contratto unico proposto dalla ministra Fornero, Camusso ha spiegato che «sarebbe un nuovo apartheid, e proprio a danno dei giovani. Oggi la precarietà  c’è soprattutto dove non si applica l’articolo 18, cioè nelle piccole aziende. Vogliamo veramente combatterla? Si rialzi l’obbligo scolastico, si punti sull’apprendistato e si cancellino 52 forme contrattuali atipiche».
La segretaria Camusso ha poi definito «folle» l’intervento sulle pensioni, perché «il sistema già  reggeva e il fondo dei dipendenti era in attivo». «Lo dico con brutalità  – ha aggiunto – Bisognerebbe scendere dalla cattedra e misurarsi con i problemi del Paese reale, fatto di tanti senza lavoro, di cassintegrati e di precari che non hanno continuità  di reddito». «L’intervento sui ricchi – secondo la leader della Cgil – è stato tanto blando da essere quasi trasparente, mentre si carica su chi ha sempre dichiarato tutto e non può mai sottrarsi al fisco: cioè i lavoratori e i pensionati». 
«Fornero fa la maestrina», dice al megafono, durante il presidio dei lavoratori pubblici, il segretario della Cisl Raffaele Bonanni. «Non è questo che doveva fare il governo tecnico – aggiunge poi riferendosi alla polemica sull’articolo 18 – Sono molto preoccupato: a 12 ore dall’approvazione della manovra già  si aizza la protesta su una materia che si sa problematica. È la politica dell’invidia sociale, del mal comune mezzo gaudio, basata sul presupposto che se i giovani vedono gli anziani perdere il lavoro si sentono meglio, ma questa è un’impostura. La precarietà  è frutto di una flessibilità  pagata male: il governo deve far sì che chi è più flessibile sia pagato di più: questa è la sfida». 
«Questo governo è stato forte con noi deboli e debole con i forti, ha detto di affrontare il problema delle corporazioni e poi ha piegato la testa – ha continuato Bonanni – Monti aveva detto che il rigore doveva essere accompagnato dall’equità , ma dov’è l’equità ? Non c’è: il governo stesso ha dimostrato e autocertificato l’iniquità  della manovra». Inoltre, Bonanni nota che «al Parlamento si chiede la fiducia senza discutere, non si vogliono i sindacati, non è mai accaduto. Si è arrivati a dire che la materia previdenziale e fiscale non è materia del sindacato. Ma quale è allora?»
«Sono scelte che porteranno all’aumento della disoccupazione – aggiunge Angeletti – perché non c’è crescita: non si fanno le liberalizzazioni, non si tagliano i costi della politica, mentre si mettono le mani in tasca a lavoratori e pensionati. La mobilitazione continuerà ». Protesta anche Giovanni Centrella, segretario Ugl: «La riforma vuole colpire due obiettivi: l’articolo 18 e il sindacato». Duro Giorgio Cremaschi, della Fiom: «Adesso dovremo fare le barricate».
A difendere Fornero, resta insomma solo Emma Marcegaglia: «Non c’è da parte nostra nessun attacco ai sindacati, ma la riforma del lavoro va affrontata, senza totem nè tabù».
In serata la ministra Fornero ha replicato ai sindacati, dicendosi «dispiaciuta e sorpresa per un linguaggio che pensavo appartenesse a un passato del quale non possiamo certo andare orgogliosi: è una personalizzazione dell’attacco che non fa merito a chi lo ha condotto». Poi la titolare del Welfare si è detta «preoccupata, non tanto sul piano personale quanto per le implicazioni per il Paese: il mio era un invito al dialogo senza preclusioni e senza tabù, totem o sacralità  intoccabili». «Ho avuto un briciolo di rammarico – ha concluso – per il fatto che non si sia potuta condurre una trattativa sulle pensioni. Ma sul lavoro possiamo vederci tutti a gennaio, ma anche prima».


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