Dall’Europa 150 miliardi al Fmi Il secondo gran rifiuto di Londra
L’Eurogruppo straordinario è stato convocato d’urgenza in teleconferenza domenica scorsa e allargato alla partecipazione degli altri Paesi Ue proprio per concordare l’importo complessivo di 200 miliardi. Ma ha dovuto ridimensionare l’obiettivo ai 150 miliardi pagati dai 17, rinviando la definizione degli altri 50 in assenza della trentina a carico del governo di Londra. L’Italia, che sembra destinata a essere una dei beneficiari degli interventi dell’istituzione di Washington, ha la parte di sua competenza stimata in base alla quota di partecipazione al Fondo di Washington in 23,48 miliardi di euro. La Germania, principale contributore, dovrebbe elargire 41,5 miliardi. La quota della Francia risulta di 31,4 miliardi di euro. Il quarto contribuente è la Spagna con 14,86 miliardi. L’Olanda deve pagare 13,61 miliardi, il Belgio 9,99 miliardi e gli altri a seguire. Grecia, Portogallo e Irlanda sono stati esentati dalla loro quota di finanziamento in quanto sottoposti a piani di salvataggio in seguito alle difficoltà nei loro conti pubblici. Nel summit del 9 dicembre scorso l’orientamento era di far intervenire le banche centrali dei singoli Paesi dell’eurozona. Per l’Italia dovrebbe farsene carico quindi la Banca d’Italia, anche se la definizione tecnica dell’operazione appare ancora da definire in vari dettagli.
Tra i Paesi Ue esterni all’eurozona, Svezia, Danimarca, Polonia e Repubblica Ceca avrebbero manifestato l’intenzione di aderire al finanziamento al Fmi. Le indiscrezioni trapelate dalla teleconferenza attribuiscono direttamente al cancelliere dello Scacchiere britannico George Osborne il «no» netto al contributo, che era trapelato da varie anticipazioni nei giorni scorsi. Nel comunicato dell’Eurogruppo si spiega diplomaticamente che il Regno Unito ha condizionato il rispetto di questo impegno all’allargamento della partecipazione ad altri governi esterni all’Ue. Russia, Cina, Brasile e India sono stati da tempo sondati. Il presidente dell’Eurogruppo, il premier lussemburghese Jean-Claude Juncker, ha lanciato un appello ai Paesi ricchi ed emergenti del G20, più agli altri partner extraeuropei del Fmi, proprio per estendere lo schieramento in questo intervento a sostegno dell’euro. Ma il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schà¤uble ha fatto capire la scarsa disponibilità degli Stati Uniti.
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