“Case e stabilità ai rom per battere il razzismo”
Torino, l’assalto al campo Sabato scorso il campo rom della Continassa è stato assaltato e dato alle fiamme dopo la denuncia di uno stupro rivelatasi in seguito infondata. Due le persone arrestate
Firenze, la strage in strada Martedì scorso Gianluca Casseri, 50 anni, scende per le strade del mercato di San Lorenzo a Firenze e spara uccidendo a freddo due venditori senegalesi e ferendone altri tre
L’ odore acre delle lamiere bruciate. Una ventina di rom s’aggira spaesata tra i muri anneriti e gli scheletri delle baracche. «Non ci è rimasto niente. Nessuno ci aiuta». Il ministro per la Cooperazione internazionale e l’integrazione Andrea Riccardi si muove tra i ruderi, affonda i piedi nelle carcasse delle roulotte. «Non si può vivere così». Due giorni dopo aver fatto visita ai senegalesi feriti a Firenze, incontra gli scampati al rogo del campo nomadi di Torino. Segnali d’inquietudine in un Paese avvolto nelle spire della crisi.
Ministro, i morti di Firenze e il raid di Torino sono la spia di un’intolleranza che ha rotto gli argini?
«Sono un campanello d’allarme. Non possiamo liquidare questi avvenimenti a fatti passeggeri. Sono un rischio per l’integrazione e la tenuta del nostro Paese. E dimostrano che la crisi non è solo economica, ma molto più profonda».
La matrice è la stessa?
«No. A Torino c’è stato un atto di razzismo collettivo, a Firenze un gesto folle, compiuto da un folle imbevuto di premesse ideologiche».
Però, in entrambi i casi, la rabbia si è riversata sugli stranieri.
«Questi episodi di violenza ci ricordano l’odio che alberga nel cuore dell’uomo. E ci dicono che dobbiamo stare molto attenti in questa fase di crisi economica. Non vorrei che si innescasse un clima di tensione, dovuto ai sacrifici imposti, che si scarichi sui più deboli».
Vede lo spettro di un conflitto tra ultimi?
«Tra generazioni: giovani e anziani, divisi da lavoro e pensioni. E tra penultimi e ultimi, in lotta per servizi e tutele. In questo contesto gli immigrati sono più esposti. E i rom i più in difficoltà ».
Le richieste di sgomberare i grandi campi nomadi si moltiplicano. È la soluzione giusta?
«Strutture fatiscenti, in cui vivono anche donne e bambini, non sono più sostenibili per ragioni di accoglienza e sicurezza. L’Italia è un Paese civile, deve superarle, anche se non è semplice».
Come?
«Con nuove forme di accoglienza, garantendo almeno i requisiti igienicosanitari fondamentali. Credo si debba lavorare alla stabilizzazione di rom e sinti nelle case, perché la vita in una casa favorisce l’integrazione e il superamento della provvisorietà . Sono un popolo giovane. Investiamo sui loro figli, sulla scolarizzazione».
Spesso sono loro a rifiutare le sistemazioni proposte. Come se ne esce?
«Con il dialogo. E aiutando, tramite i rimpatri assistiti, chi vuole tornare nel proprio paese d’origine».
La questione dell’immigrazione viene affrontata in maniera troppo muscolare?
«Dobbiamo stare attenti alle parole. Possono essere pericolose. Siamo diventati una società verbalmente violenta. E la predicazione del disprezzo verso alcuni gruppi, in particolare le minoranze, è da non sottovalutare. Ricordo le parole di Jules Isaac, storico francese di origini ebraiche, che perse moglie e figlio durante l’Olocausto: attenti al disprezzo, perché può essere fonte di molti mali».
Cosa serve per scongiurare il rischio di conflitti sempre più aspri?
«Nuove politiche per l’integrazione. I giovani nati da genitori stranieri non hanno una doppia identità . Hanno un’identità più ricca. Spetta a noi trovare le forme per riconoscerla».
Il presidente della Repubblica si è detto favorevole a concedere loro la cittadinanza. Lei?
«È lì che si manifesta la debolezza del nostro sistema. I bambini nati in Italia da genitori stranieri che vivono qui da anni che cosa sono se non italiani? Possiamo non considerarli tali quando parlano un italiano a volte migliore di certi coetanei? ».
Le resistenze sono molte. La rete è stata invasa di messaggi che inneggiano ai fatti di Firenze e Torino.
«Nel Paese esistono tante energie sane. Sono rimasto colpito dalla reazione di tante persone ai fatti degli ultimi giorni. Significa che gli italiani sono meno spaventati di quel che appare. Sui loro timori aleggia una strumentalizzazione politica da cui ci dobbiamo liberare. Troppo a lungo sono stati segnati da questa predicazione del disprezzo».
A Torino lei voleva visitare una sede della Lega Nord nel quartiere multietnico di San Salvario in cui si offre assistenza a molti stranieri. Perché alla fine non è andato?
«Avevamo preso accordi con il responsabile di quell’ufficio. Visitando uno dei quartieri simbolo dell’integrazione riuscita mi sembrava giusto incontrare tutte le realtà che hanno dato un contributo. Evidentemente qualcuno all’ultimo ha cambiato idea. Non faccio polemiche, ma non disturbo chi non mi vuole».
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